In partenza per Berbenno di Valtellina, riesco a perdere clamorosamente l’autobus perché è in anticipo di un paio di minuti rispetto all’orario previsto: maledico l’autista, l’azienda trasporti di Parma e tutti quelli che ci hanno a che fare: sono talmente infuriato che se potessi li incenerirei, visto che mi vedo sfilare sotto il naso il bus che doveva portarmi in stazione con il giusto anticipo per comprare il biglietto per Morbegno.
Aspetto il bus successivo che, purtroppo, non è così puntuale, e che mi scarica in stazione giusto il tempo per scapicollarmi in biglietteria: purtroppo trovo una scorfana che compra il biglietto e poi si ferma a chiedere informazioni, perderò il treno per non più di 30 secondi, visto che arrivo al binario, trafelatissimo, che è ancora lì fermo, ma con le portiere bloccate.
L’ira quasi mi schianta, non fosse per l’impegno che ho preso me ne tornerei a casa; mi riprendo e vado a chiedere informazioni per cambiare il biglietto, anzi per integrare il supplemento rapido, visto che l’alternativa è un’attesa di due ore: stavolta la fortuna mi assiste e trovo una intelligente cassiera che mi consiglia (su mia sollecitazione ma va bene così) di provare con un regionale per Piacenza, lì cambiare, con 5 minuti di tempo, per Milano e almeno risparmiare i soldi del supplemento (non amo proprio regalare manco un centesimo alle ferrovie).
Rassegnato ad arrivare a destinazione comunque in ritardo rispetto al programma, mi affanno per prendere, sempre di corsa, il treno per Piacenza; qui ho ben 9 minuti di tempo per cui mi trasbordo tranquillamente su un treno che ha destinazione Greco Pirelli, stazione a me fino ad ora sconosciuta, di Milano. Da Greco Pirelli, grazie ad intenso contatto con la mia adorata Marta, scopro che partono treni che vanno a Lecco passando per Monza, due stazioni obbligate per i regionali diretti a Sondrio o Tirano che devo prendere io; arrivo a Monza giusto il tempo per correre fino al primo binario e prendere al volo il treno per Lecco; arriverò a Monza con tre minuti di ritardo: fortunatamente il treno che avevo preventivato di prendere a Milano Centrale delle 17.10 ha cinque minuti di ritardo così, sempre di corsa riesco a saltarci sopra: un’autentica serie di miracolose coincidenze e ritardi che mi farà arrivare, come previsto, alle 19.00 a Morbegno.
Troverò ad attendermi la mia adorata Marta: come ogni volta, il vederla mi commuove e mi riempie di gioia; ci spostiamo a casa dove ci attendono i miti Tommaso e Giacomo e la super mega mitica nonna sprint, l’Anna.
L’accoglienza, manco a dirlo, è straordinariamente affettuosa: fortunatamente la Marta riesce a conservare il sangue freddo ed a celare al Tommy il regalo che mi porto dietro dal pomeriggio, che ha attirato gli sguardi curiosi e un po’ interdetti dei miei compagni di viaggio occasionali.
Serata a mangiare polpette, preparate da Marta, salame casereccio e formaggi vari: nonostante l’imbarazzo intestinale non riesco a trattenere la mia ben nota golosità e mangio a 4 palmenti.
Il giorno successivo è dedicato in primis alla consegna del regalo al Tommy: arco e frecce, sembra gradirle molto, cosa che aumenta la mia allegrezza, speravo davvero di poterlo fare contento.
Ci creiamo un bersaglio in giardino e via… da far impallidire Guglielmo Tell: a fine giornata una freccia dispersa ed una spezzata, ma la mira è davvero migliorata tantissimo.
Aiuto il Tommy nella preparazione, dandogli una mano a tagliarsi i baffi, con tanto di schiuma e rasoio: che tenerezza pensare a quando era un frugoletto piccolo piccolo ed ora è un ometto alto quasi quanto me.
Il pranzo è a base di un piatto tipico locale che mi è stato preparato apposta, i pizzoccheri: ne farò fuori 4 piatti, la quantità giusta per partecipare, con adeguato raccoglimento, al rito che si celebrerà di lì a breve.
In effetti il sangue mi si raccoglierà tutto nello stomaco, lasciando i neuroni a boccheggiare pericolosamente: il caffè mi risveglia e richiama ai miei alti doveri, che affronto con una certa apprensione.
Andiamo dunque in chiesa dove fungerò da padrino per la Santa Cresima del Tommaso: premesso che siamo la coppia più alta tra i 35 cresimandi e padrini, la celebrazione fila via liscia nonostante qualche incertezza del celebrante (non sapeva bene cosa incensare visto che di crocifissi sull’altare manco l’ombra) ed in un’ora e mezzo tutto finisce in gloria.
Clamoroso l’errore sul salmo responsoriale il cui ritornello era da cantare ma l’incomprensione tra coro e lettore fa saltare tutto. Arriviamo al momento clou: accompagno il Tommy, compunto e serio come un lord, davanti al vicario episcopale, ne pronuncio il nome e gli tengo la mano sulla spalla: in quel momento il Tommy diventa, per la Chiesa, un uomo (in barba alle teorie infantiliste che regnano oggigiorno) ed io sono fiero di avere partecipato così attivamente all’evento.
Un moto di commozione mi pervade e lotto duramente per vincere le lacrime che cercano di travalicare ogni ostacolo: sono orgoglioso di essere stato prescelto dal Tommy per questo ruolo e compito e sono commosso di far parte di una storia di amicizia che data dall’ormai preistorico 1995.
A fine cerimonia saluti ai parenti ed amici e rinfresco al medesimo ristorante dove Marta si è sposata. Divorato quanto offertoci, ce ne torniamo a casa dove vengono congedati i parenti, poi a nanna, stanchi e soddisfatti.
La cosa che mi sorprende è la naturalezza con la quale sono sempre stato accolto, con una famigliarità che nemmeno ai parenti viene riservata: mi sento davvero un componente della famiglia, non un ospite, il che non mi accade di frequente. Il giorno dopo mi sveglio di buonora per salutare i ragazzi che vanno a scuola, mi congedo dal Ciccione Immondo (il Mauro) che scappa al lavoro e mi godo ancora un po’ la compagnia della Marta; arriva poi il momento di partire: carico come un somaro (inutile dire che mi hanno regalato un salame, formaggi vari, i pizzoccheri slurpppppppppppppppp) me ne vado a Morbegno a prendere il treno: il commiato è un momento di grande emozione ed ancora una volta trattengo le lacrime a stento.
Devo assolutamente tornare più spesso. In treno sono contattato da una fantastica collega di Modena, Sabrina Menghini – sì anche lì è arrivata la salvezza e c’è del buono – che mi informa di un problema che non riesco a risolvere via cellulare; sarà lei stessa a proporsi di tornare in ufficio, salvandomi così l’ultima parte del breve periodo di riposo di questi giorni.
La stessa collega che sabato mattina è passata a trovarmi ed ha attentato alla mia vita portandomi un vassoio di pasticcini deliziosi: mai resistere alle tentazioni ed io figurarsi se ci provo… nonostante la poca forma del mio stomaco me li sono mangiati con gusto (tra l’altro hanno sostituito il pasto che non sarei riuscito a consumare): la ringrazio pubblicamente per il trattamento che mi riserva, la mia gratitudine è davvero tanta e spero che questa collega divenga una delle preziose pietre che rendono luminosa la mia vita.
Con questa stessa collega ho condiviso una clandestina fetta del salame valtellinese che ho portato a casa soltanto stasera, dopo una giornata di lavoro, manco a dirlo, allucinante. I buoni rapporti, l’essere trattato bene ed avere attorno persone che apprezzano l’essere trattati con gentilezza, son cose che mi rendono di buon umore, oggi sono stato di umore quasi nero.
Tornato da Berbenno, sono arrivato a casa con le vesciche ai piedi ma con una grande gioia nel cuore: mi è scemata subito tornando al lavoro, debbo lavorarci su questo tema, non è possibile continuare così.
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