Coimbra, penultimo giorno

Alla 9 del mattino siamo, io e Agostino, in stazione a Oporto Campanha, dove ci sono due autonoleggi per prendere un’auto con meta Santiago di Compostela dove siamo più che mai decisi ad andare; l’impiegata con cui avevo parlato il pomeriggio precedente ci dice di non avere auto a disposizione e che avremmo dovuto prenotarla online, esattamente il contrario di quanto mi aveva detto poche ore prima.

La delusione è cocente, la rabbia non minore ma non faccio mai storie quando non c’è rimedio e così … decidiamo di optare per Coimbra: treno ad alta velocità (con relativo prezzo) e via.

Arriviamo alla stazione di Coimbra B dalla quale ci avviamo a piedi verso il lontanissimo centro cittadino (scopriremo al ritorno che era possibile prendere un altro treno per la stazione di Coimbra A ma la cosa non era né chiara né segnalata).

Coimbra è famosa per l’università e quella è la mia meta principale anche se faccio un po’ di fatica a trovarla; ovviamente ci sono riuscito ma mettendoci un bel po’.

Agostino, che non ha la mia resistenza, vuole anche pranzare ed è l’occasione di sperimentare un piatto tipico della zona, la francesinha, una sorta di super toast con formaggio, bistecca, chorizo (una sorta di salsiccia), con sopra un uovo fritto e accompagnata da patatine; una delle poche cose che non mi ha entusiasmato (oltre ad avere provocato una gran sete per tutto il pomeriggio).

Durante la visita della cattedrale sono protagonista di uno strano episodio: ad un certo punto mi accorgo che l’orologio non è più stretto al polso, guardo ed effettivamente il cinturino pencola miseramente, fortunatamente stavo scattando una foto ed il braccio era parallelo al pavimento quindi l’orologio non è caduto; indispettito dal contrattempo, lo prendo e lo infilo in tasca, in attesa di uscire all’aperto e trovare un orologiaio che me lo sistemasse.

Passano alcune ore con l’orologio in tasca quando decido di prenderlo e dare un’occhiata all’inconveniente e cosa scopro? che il “pirolo” come lo chiamo io, è al suo posto, il cinturino è chiuso ma staccato dall’orologio, una stranezza che ancora non mi spiego; resta il fatto che lo sfilo, lo reinfilo e l’orologio è come prima.

Di grande bellezza, la cattedrale di stile romanico: l’altare maggiore, dello scultore fiammingo Olivier de Gand, è l’ultimo capolavoro dello stile gotico fiammeggiante in Portogallo. La cappella del Sacramento, del francese Jean de Rouen o, per dirla alla portoghese, João de Ruão, è un esempio del rinascimento franco-lusitano.

Molto bello anche l’annesso chiostro coi rosoni tutti diversi tra loro o quasi;  per la cattedrale da sola la città meriterebbe la visita.

meringa
meringa

L’università è davvero gradevolissima, così come il Monastero della Santa Croce; il resto della città non è male anche se non mi entusiasma come Braga; torniamo a Oporto dopo avere acquistato una mega meringa che ci ha affascinati dalla vetrina di una pasticceria: ha le dimensioni di un piatto piano ed altezza considerevole, un vero capolavoro cui non riusciamo a resistere e che diventerà la colazione del giorno dopo.

A Oporto in giro per il centro poi a cena; propongo di andare, come consigliatoci da Pedro, a Matosinhos; l’autobus n. 500, in Piazza della Libertà, ci porta fino al mercato di questa città; in realtà avremmo dovuto scendere prima, comunque non ci scoraggiamo e, pian piano andiamo in giro, in una zona praticamente quasi buia e per nulla affollata, con negozi quasi tutti chiusi. Dopo un certo vagare troviamo un locale che ci ispira ed entriamo: un antipasto di polipo con cipolle ed una grigliata mista ci costa una quarantina di euro bevande comprese, non male.

Sazi e soddisfatti ce ne andiamo a letto; anche questa giornata è andata bene, tutto sommato, nonostante l’amarezza che ancora brucia per la mancata visita a Santiago.

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