Il cimitero del Verano era una delle mie mete, di me che oso definirmi un tombomane, vista la frequenza con cui mi dedico a fotografare tombe e cimiteri.
L’idea di visitarlo mi è venuta ripensando al cimitero monumentale di Milano, convinto che Roma non potesse averne uno da meno.
La realtà mi ha smentito: non c’è stato quell’amore che è nato subito a Milano; per valorizzarlo ho dovuto ambientarmi, con un po’ di fatica.
Poche le indicazioni e poco significative.
Il cimitero del Verano ha sicuramente varie tombe adornate di belle statue ma a differenza di quello milanese c’è una maggiore uniformità.
Non so se dipenda dalla presenza del Papa o dalla differente composizione sociale degli acquirenti gli spazi cimiteriali ma il Verano non vede quella “competizione” che invece è manifesta a Milano.
Il cimitero nasce a seguito dell’editto di Saint Cloud di Napoleone ma il ritorno del potere pontificio non ne cambia la destinazione, anzi con papa Pio IX si ha un grande impulso ai lavori di sistemazione ed ampliamento dell’area cimiteriale; a quest’epoca si deve l’ingresso del cimitero, a tre fornici, reso imponente dalla presenza di quattro grandi statue che rappresentano la Meditazione, la Speranza, la Carità e il Silenzio, che precede un ampio quadriportico, opera dell’architetto di fiducia del papa, Virginio Vespignani.
Evento particolarmente traumatico fu il bombardamento del quartiere del 1943 che colpì anche ampie aree del cimitero; nel piazzale antistante accorse con paterna preoccupazione il Pontefice di venerata memoria Pio XII, ben accolto dai cittadini spaventati, mentre non altrettanto calorosa fu l’accoglienza riservata al re, ma questa è un’altra storia.
Tantissimi sono i personaggi illustri che vi sono sepolti anche se è impossibile trovarli se non si sa dove andare.
Quel che mi veniva da considerare, dopo un primo sguardo sommario, è l’uniformità dell tombe, almeno delle dimensioni; ci sono le cappelle di famiglia, moltissime, ma tutte più o meno di eguale dimensione.
Un mausoleo Bernocchi, per intenderci, o un’Ultima Cena di Campari, sono qui impensabili: probabilmente a Milano la borghesia ha risentito di qualche influenza protestante, che vede nel successo mondano una sorta di anticipazione del regno dei cieli per cui non si vergogna ad edificare splendide tombe, quasi in competizione coi vicini, in modo da eternizzare il successo e sancire un primato non solo nell’industria ma anche presso il Padre Eterno.
Tale è la mondanità milanese che molte tombe testimoniano anche la bellezza dei corpi, la fresca sensualità quasi impertinente di chi ha vissuto intensamente il suo tempo.
Il Verano non ha traccia di questo o se c’è qualcosa o mi è sfuggito o comunque è talmente raro da non essere facilmente percepibile: la borghesia non sembra avere intenzione di celebrarsi; le tombe, anche belle, non mostrano se non rarissimamente caratteristiche fuori dell’ordinario; anche qui la voglia di eternizzare la famiglia è evidente ma non sembra esserci competizione.
L’idea che me ne sono fatta io è che non serva costruirsi chissà quale edificio, cioè mettersi in mostra rispetto alla massa, è sufficiente la sola presenza, con la solida tomba di famiglia, a certificare la posizione raggiunta.
Roma ha avuto principi della chiesa, ecclesiastici, nobili; non credo che vi fosse una borghesia imprenditoriale come a Milano; nella Città Eterna vivevano numerosi addetti alle varie curie e poi ai ministeri, non meno curiali; sotto l’egida della chiesa probabilmente non era ben visto nessun tipo di eccesso, men che meno in un luogo sacro come il cimitero.
Eppure in un posto così ho notato quel che non mi aspettavo: la presenza di un consistente numero di tombe di persone vittime di infortuni sul lavoro, cosa che invece a Milano non ho visto.
Sono andato a visitare, l’avevo letto sulle pagine del Corriere della Sera, la tomba di Claretta Petacci, non per simpatie politiche ma per preservare nella memoria una tomba che rischia di scomparire; poi ho visitato la parte ebraica, sempre molto suggestiva, quella riservata ai militari, un qualche colombario di cui ho notato la triste incuria.
C’è molta incuria, nel cimitero, erbacce e senso di abbandono che conferiscono magari un qualche senso di vacuità della vita ma di certo non testimoniano in favore di una corretta gestione delle aree.
Taccio dei bagni che ho dovuto utilizzare perchè erano in uno stato a dir poco vergognoso e vergognoso è ancora un complimento.
Avrei voluto visitare la tomba di Giulio Andreotti ma non sapevo dove cercarla, così pure quella di Alberto Sordi.
Durante la visita un fortissimo temporale mi ha bloccato per una mezz’oretta abbondante ma il cielo è poi tornato clemente ed ho potuto riprendere la passeggiata tra le tante tombe di caduti della Grande Guerra, sepolcri cui dedico sempre una speciale attenzione da quando ho iniziato ad appassionarmi alle vicende di quel periodo.
All’uscita ritento la visita della basilica di san Lorenzo fuori le mura ma adesso c’è un matrimonio; almeno non è un funerale e stavolta non mi trattengo e visito, anche se non tutta come vorrei, la basilica di cui parlo in altro post.
Le foto trasformate in filmini sono oltre 400, il che certifica l’interesse, sebbene non soddisfatto come avrei voluto purtroppo per la carenza di informazioni utili a raggiungere tutte le tombe di rilievo.