La chiesa di santa Cecilia ed il museo Schnutgen sono stati la tappa più significativa del viaggio a Colonia, accanto al Duomo; non intendo sminuire la altre chiese, ma il museo, che raccoglie le opere di un fantastico medioevo germanico, è un luogo imperdibile, bellissimo, meraviglioso.
La chiesa di santa Cecilia è stata gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale ma non è tanto la chiesa quanto il museo che mi hanno incantato: tale e tanto è stato l’entusiasmo nel godermi le opere che contiene (che ho cercato di fotografare tutte) che uno dei sorveglianti, un simpatico e rubicondo signore tipicamente tedesco nel sembiante, mi ha chiesto di immortalare anche lui, cosa cui non mi sono ovviamente sottratto.
La visita è stata funestata dagli accessi di tosse che hanno tormentato la mia accompagnatrice e badante, la pazientissima Laura, nipote a me carissima, come il di lei fratello che, però, non raccoglie gli inviti a viaggiare assieme, non condividendo l’amore per l’arte da cui è divorato il noioso e attempato zione.
La raccolta di oggetti e opere d’arte spazia dall’epoca di Carlo Magno fino a quasi l’illuminismo, facendo del museo Schnutgen una delle raccolte più interessanti dell’intero continente europeo.
Si inizia con una serie di vetrate che narrano la vita di un santo che direi potrebbe essere san Bernardo, visto che si tratta di monaci con l’abito bianco, tipico dei cistercensi.
Seguono altre vetrate splendide, tra le quali spiccano una bellissima Madonna dei dolori, un Uomo dei dolori, cioè Gesù sofferente, ma non mancano episodi sacri per ogni gusto: dall’Incoronazione della Vergine, ai Re Magi, dal Martirio di santo Stefano al Battesimo di Gesù e a svariate Crocifissioni.
Uno splendido Tobia che pesca il pesce è uno dei tanti pezzi che ho apprezzato, assieme ad un’Annunciazione e a tante altre vetrate o frammenti di vetrate, tutte davvero splendide.
Poi ci sono capitelli con varie figure di uomini, animali reali e fantastici, frammenti di sculture raffiguranti angeli o ancora animali fantastici, volti paurosi, serpenti, insomma non manca nulla di curioso.
Bellissimo un frammento che riproduce l’ultima cena ed un altro con Gesù che prega nell’orto degli ulivi.
Non c’è certamente uniformità nei materiali, si spazia dal vetro, al legno, al marmo, all’avorio, al bronzo, ai tessuti; ci sono paramenti, ostensori, arredi liturgici, insomma tutto quello che un uomo del medioevo incontrava nella vita della sua comunità religiosa.
Tra gli oggetti in avorio, ad esempio, oltre ad dittico di Harrach (probabile copertura di un Evangeliario), ci sono il cosiddetto pettine di san Eriberto (per via della scena della crocefissione del santo martire di Colonia) ma anche tante placchette con varie scene della storia della salvezza.
Più recenti ma non meno belli, sono oggetti di devozione privata tipicamente barocchi (almeno credo) quali un fantastico cadavere racchiuso in una scatola decorata a motivi geometrici bianchi e neri oppure le perline di un rosario a forma di teschi o teste, quel genere macabro che apprezzo sempre.
C’è uno splendido presepe, credo ti tipo napoletano, oppure un’Adorazione dei Magi bellissima, in legno intagliato e colorato, un san Giorgio che uccide il drago, una fuga in Egitto, sempre in legno, ed un Compianto su Cristo morto bellissimo (è risaputa la mia predilezione per questo tema).
C’è la culla di Gesù Bambino ed un curioso Gesù Cristo a cavallo di un asino montato su ruote, usato per le processioni, c’è san Girolamo vestito da cardinale col proverbiale leone, un po’ smilzo in verità, un san Giovanni Battista irsuto come un caprone, poi le statue di profeti e patriarchi.
L’unico cruccio che ho è che non credo di essere riuscito a trasmettere l’entusiasmo che ho provato nel visitare il museo Schnutgen e la sua bellezza.
Chiudo segnalando un arazzo che rappresenta non so bene quale episodio biblico; l’arazzo è curioso perché al centro sta accovacciato un bel gatto striato: il simpatico guardiano ha attirato la nostra attenzione su questo animale, segnalandocelo come molto importante, almeno così si percepiva dalla sua mimica; ho tentato di fargli comprendere che io parlavo (ottimisticamente) un po’ di inglese, ma lui evidentemente no per cui non sono riuscito ad approfondire l’argomento, ma il gatto non ho mancato di fotografarlo, d’altronde chi ne dubitava?
Colonia, 3 febbraio 2019, memoria di san Biagio vescovo e martire