Avendo smarrito il mio bellissimo cappello di pelliccia di pantegana oggi ho battuto tutto il centro di Modena, con un freddo intenso che mi congelava i lobi delle orecchie proprio come quando, da giovane, facevo la burbetta in quel di Livigno (però là conobbi un sole che ha scaldato e ancora scalda la mia vita, la mia adorata Marta), alla ricerca di un sostituto del derelitto copricapo.
Ho scoperto che due cose sono introvabili nel centro di Modena: i berretti di pelliccia ed i libri di Kelsen; introvabilità che si è confermata nelle ulteriori ricerche in giro per i centri commerciali: i colbacchi o berretti di pelo paiono essersi dissolti.
Debbo ringraziare il caro Cristian, gentile, simpatico ed ironico collega che mi ha offerto in regalo il suo (che a lui è grande): purtroppo a me è strettino così la ricerca continua…
Continua anche la ricerca di qualche libro di Kelsen – in particolare cerco “Il problema della giustizia” segnalato dalla Dott.ssa Pediconi a Milano, penso che dovrò ordinarlo via internet visto nè a Milano nè a Modena ho trovato una copia: Kelsen pare proprio uno sconosciuto autore di cui non vale la pena tenere le opere.
Nel frattempo mi consolo con i libri dell’ottima Chiara Frugoni, scoperta che devo a Don Piero, da sempre fonte inesauribile di stimoli intellettuali: mi sono divertito moltissismo a leggere “Medioevo sul naso”, dedicato alle invenzioni medioevali che ancora oggi sono attualissime: dagli occhiali ai bottoni.
Libro molto gradevole, scritto da una una persona di grande cultura che con la penna (d’oca?) sicuramente è abituata a lavorare: mi piace moltisismo anche la formula dell’abbinamento con le fotografie che sanno ben documentare e rendere vivo un patrimonio di immagini che siamo troppo spesso abituati a non vedere e a non valorizzare.
Ho gustato col medesimo piacere anche il volumetto dedicato alla sculture del Duomo di Modena; in particolare mi è piaciuta una citazione dall’Elucidarium di Onorio Augustodunense a proposito del lavoro e della fame: “La fame è una delle pene comminate per il peccato. L’uomo era stato creato in tal modo che, se avesse voluto, avrebbe potuto vivere beato senza alcuna fatica, senza lavorare. Dopo la caduta, potè riparare soltanto attraverso il lavoro”.
La fame, intesa come mancanza, ed il lavoro come sudore della fronte sono esattamente il segno del peccato, il segno di uno scarto del pensiero malandato: la domenica, già nella tradizione ebraica del sabato, mi sembra che fosse proprio il mantenere una traccia – flebile e sempre più malintesa, dimenticata e poi negata – di una possibilità di lavoro diversa dal sudore della fronte: non è stato un bel passaggio di civiltà passare dalla domenica al week end.
Ora mi dedico al testo dedicato al Battistero di Parma ma di questo parlerò in un altro momento.
Mi piace ricordare anche che ieri, 13 febbraio, era il compleannno del mio commissario preferito (Commissario Superpiù come lo chiamo io), festeggiato a suon di bomboloni (che io non ho toccato visto che non erano adeguati come dessert dopo il pranzo) che ha gentilmente offerto: sono contento di averlo come superiore (anche se non è il mio diretto superiore) perchè è una delle persone con le quali ho sempre la possibilità di un confronto aperto, leale e fatto con competenza, anche nel frequente dissenso. Sono convinto che sia stato uno dei migliori acquisti di Modena e mi auguro di avere maggiori possibilità di frequentazione.