Giornata intensa: vado a Messa, come al solito, di prima mattina poi torno di corsa per … ebbene i lavori dell’orto mi attendono. Stamattina ho compreso il senso del salmo 125, nella sua parte iniziale, in attesa di raccogliere con giubilo:
Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.
Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.”
Un angelo custode, messa peggio di me se possibile, mi ha assistito con enorme pazienza; mia zia, la mia adorata zia Luciana mi ha aiutato (o meglio io ho aiutato lei) a piantare 216 piantine di radicchio. 216 piantine, una per una, nella terra secca.
Non sapevo decidermi se a far male erano più le ginocchia o la schiena, senza parlare dei giramenti di testa che ogni tanto mi offuscavano la visuale: è stata una faticaccia che mi ha schiantato.
Mia zia, spiritosa, mi ha poi detto che senza di lei non avrei finito così presto; in realtà senza di lei sarei semplicemente collassato ed i miei nipoti avrebbero potuto andare dal notaio ad aprire la successione.
Piantati i radicchi (e i cavolfiori, ma questi erano solo 6), ovviamente, ho dovuto annaffiarli: pregustavo già l’idea di starmene bello dritto con la canna in mano ed in effetti iniziavo così salvo essere raggiunto dagli improperi materni: “se si bagnano le foglie, poi il sole le cuoce”, quindi ho dovuto annaffiarle una per una con l’annaffiatoio, ancora una volta chinato a terra.
Finisco ad orario improbabile, visto che per le 12 ero atteso a pranzo dall’ottima Dadà; faccio la doccia, salto la rasatura, ma dimentico che ci sono i panni da stendere.
Arriverò alle 12.30; tornerò a casa alle 16.30 e ad attendermi trovo la seconda ondata di annaffiatura (giardino compreso) e pure una seconda annaffiatura; il letto da rifare, la cena da preparare e direi che non manca altro.
Ma non era domenica?
Nel frattempo mia zia è andata da amici, in campagna, a raccogliere i fichi di cui mi sa ghiottissimo; devo dire che è una donna fantastica, una mamma bis, per me.
Le sono legatissimo, con lei parlo di tutto, lei si confida con me (visto che teme le sgridate di mia cugina), così condividiamo un affetto profondo di reciproco sostegno.
Se penso che quando ero piccolo lei e lo zio erano il mio babau; “se fai il cattivo lo dico alla zia”; non ricordo che mi abbia mai sgridato e la ritrovo sempre dalla mia parte, con discrezione, pazienza, umilmente, da donna semplice quale è.
Uno dei miei debiti incolmabili, quello di gratitudine verso di lei.
L’orticoltura è pesante, ma è un’ottima maestra di vita: senza cura non si ottiene nulla, la fatica, poi, è soltanto eventuale.