Il gran giorno è dunque arrivato; siamo a capodanno; normalmente una giornata per me insignificante, ma quest’anno sarà ben diverso.
Da oggi, infatti, ufficialmente e definitivamente, dipendo dal Comune di Parma, gloriosa città ducale.
Il mio servizio mensile, nella bassa reggiana prevedeva riposo ma quando mi hanno proposto di lavorare, per il concerto in piazza Garibaldi, ho risposto positivamente e con convinzione.
Essendo un impensato, questo trasferimento, mi riempie di attese positive, spero di non deludere né di esserne deluso.
Per festeggiare degnamente l’inizio ho pensato ad un paio di bottiglie, un panettone, un pandoro ed un salame; il panettone è di San Patrignano così da ricordare gli anni di vita riminesi e i tanti amici che ho in quella terra.
Alle 18.20 sono già pronto per partire, memore dei giorni precedenti quando la mia meta era Guastalla; vedo di richiamare alla memoria che no, adesso non devo più andare così lontano e mi tranquillizzo; arriva l’ora fatale: sono le 18.40 e decido che è arrivato il momento.
Accendo l’auto ed un pessimo segnale premonitore mi ricorda che qualcosa di storto non può mancare nei momenti importanti e di cambiamento: l’orologio indica come orario 00:00, il che significa che la batteria sta tirando le cuoia; parto comunque perché vorrei evitare ritardi vista la situazione particolare e delicata del concerto in piazza.
Arrivo per tempo e questo è già un successo; ho avuto modo di conoscere i primi colleghi che sono stati in buona parte accoglienti e cordiali, com’è normale che avvenga all’inizio, ed ho presidiato la centrale operativa, fino alle 03.45, in compagnia di un bravo collega.
Una telefonata mi ha messo in allarme: una persona anziana uscita di casa e smarritasi senza ricordare dove abitasse; nel giro di una decina di minuti siamo riusciti a soccorrerla e ad affidarla ai famigliari, il che non è stato poco, la miglior soddisfazione della serata.
Un’altra telefonata curiosa: una signora, anziana, ha chiamato per ringraziare la polizia municipale, per dire che ci vuol bene, che siamo bravi e che ci teneva a farci gli auguri di buon anno.
Dopo di che un piccolo tributo alla sfortuna: il panettone di San Patrignano aveva all’interno della confezione una bustina; il collega che l’ha aperto chiede se sia zucchero, poi vedendo che c’è scritto sopra “don’t eat” chiede lumi; io, senza guardare e pensando agli avvisi scritti sui prodotti americani, gli dico che sicuramente si riferisce alla bustina quindi… abbiamo scoperto che all’interno della busta c’era una sorta di sale non commestibile, che aveva lo scopo di mantenere fresco il panettone, peccato che l’abbiamo letto solo dopo avere versato il contenuto sul panettone stesso.
Pazienza.
Tutto è comunque filato liscio, nel migliore dei modi.
Giunto l’orario di tornare a casa, la batteria della mia auto ha deciso di passare definitivamente a miglior vita e quindi ho dovuto chiedere ad un cortese e caritatevole collega di accompagnarmi, non male come primo giorno di lavoro.
Mi sono consolato pensando che se mi fosse capitato a Guastalla la cosa sarebbe andata assai peggio.
Si tratta, comunque, di un inizio.
Nella mattinata, poi, è scesa copiosa, la neve, anche se per pochi minuti, spettacolo sempre suggestivo; si è trasformata velocemente in acqua e la pioggia consistente ma non troppo mi ha accompagnato nella trasferta a piedi a san Benedetto per la Messa di precetto.
Prima lettura, la grande benedizione di Mosè sugli israeliti; la traduzione attuale non rende, a mio parere, giustizia alla bellezza del testo.
Il brano, dal libro dei Numeri, 6, 22-27, usato per la liturgia:
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
Il testo latino, preso dal sito del Vaticano:
22 Locutusque est Dominus ad Moysen dicens:
23 “ Loquere Aaron et filiis eius: Sic benedicetis filiis Israel et dicetis eis:
24 “Benedicat tibi Dominus et custodiat te!
25 Illuminet Dominus faciem suam super te et misereatur tui!
26 Convertat Dominus vultum suum ad te et det tibi pacem!”.
27 Invocabuntque nomen meum super filios Israel, et ego benedicam eis ”.
La traduzione italiana, sempre dal Vaticano:
[22] Il Signore aggiunse a Mosè:
[23] “Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti; direte loro:
[24] Ti benedica il Signore e ti protegga.
[25] Il Signore faccia brillare il suo volto su di te
e ti sia propizio.
[26] Il Signore rivolga su di te il suo volto
e ti conceda pace.
[27] Così porranno il mio nome sugli Israeliti
e io li benedirò”.
Non mi interessa fare il linguista o polemiche, ma noto una bella differenza tra un termine del tutto astratto come “fare grazia” ed uno ben più concreto come “ti sia propizio”.
A me piace molto questa versione perché l’essere propizio passa per lo stipulare un patto con effetti sociali ed economici; non a caso Paolo, nella seconda lettura stabilisce quasi una sinonimia tra figlio ed erede: non vi è eredità senza figli, né si è figli se non si è eredi.
Tutta una questione di eredità e figliolanza, cioè possesso pacifico e co-reggenza, signoria sui beni di cui ciascuno può fruire liberamente, incrementare, rielaborare, col vincolo soltanto di non sottrarli alla loro ereditabilità.
Si parte da un’idea di ricchezza, da un’offerta che precede la domanda, dall’eccitamento e dall’idea di partner: economia e diritto.
C’è economia ed economia così come diritto e diritto: unicuique suum ius.
Parma, 1 gennaio 2018 solennità di Maria Santissima Madre di Dio