cellulare e vitello d’oro

Riprendendo gli spunti della cena con gli amici del 30 dicembre, mi è venuto in mente un parallelismo: il cellulare di ultima generazione ed il vitello d’oro.

Stesso delirio di onnipotenza: il feticcio dell’oggetto di moda e grido che offre un’illusoria onnipotenza virtuale.

Il pensiero, impoverito e debilitato, culla e nasconde la propria debilità dietro la flebile cortina dell’onnipotenza socialmente approvata.

Il possesso dell’oggetto che fa status (“è fico” dice il collega quasi quarantenne), con approvazione sociale è come il vitello d’oro (anche qui fenomeno sociale, non devozione privata) che ha rappresentato un allucinato rapporto col Padre, trasformato in possesso (da rapporto che era) e travestito da Dio.

Racconta l’Esodo: «Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: “Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”» (Es. 32,1).

Il vitello trasforma il Padre in Dio (già il peccato di Adamo), un dio creato a somiglianza dell’uomo (d’oro, visibile, toccabile, possedibile, criterio di unione sociale imperativo).

La liturgia odierna utilizza un altro passo, questa volta tratto dal libro dei Numeri: ” Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò» (Nm 6, 22-27).

Direi un’altra idea del Padre, del rapporto tra un popolo ed il suo Signore, ove prevale l’idea di rapporto rispetto a quella di possesso.

Cosa c’azzecca il cellulare con questo?

In fondo lo smartphone non è che una versione moderna del feticcio d’oro: l’oggetto prende il posto del partner e maschera l’impotenza con l’onnipotenza del tutto e subito.

Il virtuale sostituisce il reale come la zizzania parassita il buon grano: il telefonino, come negli anni 60 il televisore, è ambito e posseduto dai più poveri (chi non ricorda le numerose catapecchie oscene ma tutte rigorosamente con antenna e mega schermo TV che hanno costellato tante indagini giornalistiche nei passati decenni?).

L’oggetto sostituisce l’altro: mi confesso peccatore.

Il bello del peccato è che è correggibile e la correzione non è un tornare a zero, un cancellare l’errore, vi è un resto, un sovrappiù che la rende economicamente conveniente, almeno come possibilità.

Credo si possa definire lo smartphone come barocco.Salome

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