A proposito di partner cui facevo riferimento ieri, mi è accaduto un breve dialogo al lavoro, che riporto come esempio di cattivo partner, con intenzioni perverse:
un collega, dunque, chiede di sapere se io sono un ufficiale del corpo (e precisa: “non ufficiale di P.G. ma ufficiale del Corpo”). Non avendo inteso il senso della domanda rispondo di getto che certo, lo sono; al che chiede “e dove sta scritto?”, la mia risposta, veloce veloce è: “nella legge regionale e, credo, nel regolamento del corpo”.
La risposta del collega è immediata: “eh no, lì non c’è scritto”.
Capisco che qualcosa non funziona e chiedo a che scopo la questione, avendo come risposta: “per capire” (il collega tiene tra le mani un foglio, intuisco che contiene una disposizione che limita certi comportamenti agli ufficiali).
La mia risposta è stata secca e decisa: ho invitato con una certa decisione il collega ad andare a lavorare e a smetterla di perdere tempo in quesiti del tutto inutili.
L’episodio è banalissimo ma mi ha permesso di notare come con una “falsa” domanda, quindi con apparente disponibilità ed anzi interesse, si intendeva raggiungere uno scopo ben diverso, che l’interlocutore mai ammetterà di avere avuto.
Falsa domanda da parte di un invidioso narcisista che, non a caso, aggiungerei, fa pure il sindacalista, il quale vuole sminuire il ruolo di chi gli è superiore gerarchico; la stessa persona, tempo fa, chiedeva di regolamentare rigidamente i permessi previsti dalla L. 104, intendendo impedire così ad una persona di usufruirne il sabato pomeriggio. Tutto sempre connotato da motivazioni nobili, di efficienza; cose dette “per parlare” o “per capire” o “per rendere più efficiente il servizio”.
Odio dell’invidioso che non si permette di pensare iniziative vantaggiose per sè e che guerreggia contro chiunque ne abbia. Mi fa pensare al figlio maggiore della parabola del figliol prodigo.
Questi episodi sono di enorme utilità perchè squarciano il velo sulla putredine che si nasconde sotto le questioni di principio: la purezza, la spassionatezza non sono mai esenti da squallore.
Lo specchio di Narciso, come insegna Giacomo Contri, sono in realtà le sue deiezioni.
Di episodi simili, con altri protagonisti, me ne sono accaduti vari, il che mi fa temere qualche tentativo di impallinamento alle spalle.
A fine giornata, invece, altre frequentazioni: sono venuti a cena con me i miei amatissimi Andrea Piselli e Cristian Cosimo, preceduti da due graditissime telefonate di Elisa Fancinelli e Paolo Piccinini.
Inutile ripetere che c’è partner e partner; con gli ospiti mi sono trattenuto a cena per quasi 4 ore chiacchierando di tutto un po’, come accadeva spesso quando ero a Modena.
Con loro non ci sono mai stati “problemi” (un collega che rientrando dal servizio in bicicletta mi dice: “c’è un problema, il sellino gira”… bastava, com’è ovvio, stringere il morsetto, non c’era nessun problema, se non la voglia di crearne uno falso) nè discussioni “per capire”. Sempre dialoghi franchi, leali, avendo come orizzonte rispetto, correttezza, collaborazione e, perchè no, apprezzamento reciproco con possibilità di pensare anche ad altro oltre al lavoro – ad esempio alle vacanze, com’è accaduto a Cracovia, o alla filosofia o a qualunque altra idea ci passasse per la testa.
Serata splendida.
2 commenti
Aggiungi il tuo →Pur non entrando nel merito della disquisizione se un Ufficiale sia tale o meno penso:
Un ufficiale è un mio superiore. Punto. Lo scambio di opinioni è dovuto per “costruire”, tanto però come è dovuto il rispetto del grado.
Chi critica, è nelle condizioni di criticare? E’ in linea con tutte le direttive impartite dal Comando? Dalla normativa Regionale? Corsi obbligatori? Barba fatta? Capelli curati e rasati dietro le orecchie? Alamari e dotazioni varie? Divisa curata?
La nostra è una istituzione “piramidale” e solo se si cominciasse a capirlo tutti avremmo meno probblemi.
Se in un posto non ci si stà bene si deve avere il coraggio di andarsene, sperando che l’amministrazione non ti prenda in giro con falsi “si vai”, e che qualche “collega” non ti rallenti il percorso di dipartita causa affari personali puramente arrivisti e egoistici.
io ho sempre tenuto al dialogo e alla collaborazione, non ho mai fatto valere il mio grado (i colleghi modenesi credo possano confermarlo quasi all’unanimità) ma mi trovo nella condizione difficile di doverlo fare per interrompere un’infinita serie di obiezioni e lamentele che hanno il solo scopo di fermare, bloccare, addormentare tutti… d’altronde l’invidia è questo: che non ci sia idea di guadagno, di star bene per qualcuno, tutti devono essere tristi, poveri, incazzati… e purtroppo non c’è soluzione a questo