Ho letto con un certo dispiacere che è saltato il progetto di equiparare lo stipendio dei ministri non parlamentari a quello dei colleghi che sono stati eletti in una delle due camere; da https://www.informazionefiscale.it/ cito testualmente: “L’emendamento ritirato prevedeva di equiparare il trattamento economico dei ministri non parlamentari a quello dei colleghi eletti, così da, come sottolineato dalla Premier Meloni questa mattina, “equiparare la retribuzione di persone che fanno lo stesso lavoro”. Una differenza che appunto al momento vale circa 7.500 euro mensili”.
Certo pidocchioso pauperismo tipico della sinistra populo-catto-comunista, che vive di invidia, lo ha impedito; si trattava, in fondo, di un aumento di circa 7500 euro mensili, bazzecole per chi ha tante responsabilità.
Quello che mi aveva particolarmente colpito (e non solo me come vedrete tra poco) era lo spirito egualitario che animava anche la nostra amata presidente del consiglio dei ministri (quindi la presidente sia di quelli che incassano lo stipendio da parlamentari sia di quelli che non lo percepiscono): fanno lo stesso lavoro perché devono avere retribuzioni diverse?
Il che mi ricorda certi adagi appioppati alle mamme ovvero che la mamma non fa differenze tra i figli e tutti li ama allo stesso modo.
Questa amorevole, materna, attenzione ha stimolato il vignettista de “Il foglio” che ne ha creata una splendida dove c’è un ministro, mi pare Crosetto, con un cartello: “Stesso lavoro stessi salari! I ministri civili non sono schiavi!”
Mi par di capire che il governo, per ragioni di logica ed equità, riteneva di trattare in modo uguale situazioni uguali: temo sia stata solo propaganda perché c’è una situazione molto simile a quella descritta che attende un riconoscimento come quello che il governo aveva pensato per i propri componenti e che, al momento, sta vivendo l’identico disagio dei poveri ministri defraudati dei settemila e passa euro.
Si capisce al volo: seppur coi dovuti distinguo, nel rispetto di alcune differenze e peculiarità, il lavoro che svolgono poliziotti, carabinieri e poliziotti locali non è forse il medesimo?
Le differenze che ci sono (ma ci sono anche tra i ministri), derivano da scelte politiche operate decenni fa, con una realtà molto diversa da quella attuale, ma proprio quel che quotidianamente accade sulle nostre strade impone di adottare soluzioni più efficaci: riconoscere il ruolo di chi, nei fatti, già svolge l’identico lavoro delle forze di polizia ad ordinamento nazionale.
Come per i ministri non parlamentari, anche per la nostra categoria non si è avuto il coraggio di assumere quelle decisioni che ci si potrebbe aspettare da una maggioranza che si sciacqua la bocca con la sicurezza un giorno sì e l’altro pure.
Per l’ennesima volta non si vedono segnali all’orizzonte e sono più che certo che non ne vedremo per ancora molti anni; quel che temo anche più di una futura riforma, è una riformetta fatta tanto per fare, per fingere di accontentare la categoria, regalando qualche spicciolo (non necessariamente in moneta sonante).
Temo questa soluzione perché sarebbe il modo per tacitare le legittime aspettative, sostenendo di avere comunque riformato e lasciando tutto più o meno uguale ad ora.
Lascia sconcertati il vedere come migliaia di operatori sparsi sull’intero territorio nazionale siano lasciati ad un destino fatto di luci ed ombre, a macchia di leopardo e mai considerati come una possibile risorsa da valorizzare anche stimolando soluzioni per ottenere una maggiore uniformità di formazione, dotazioni, attività.
Sembra impossibile poter passare da male necessario a risorsa.
I motivi sono tantissimi e ne ho già anche parlato tante volte, non sto qui a dilungarmi.
Mi piacerebbe, un giorno, poter affrontare seriamente la trascuratezza, il disinteresse della classe politica locale (senza fare di ogni erba un fascio), l’inettitudine di certi dirigenti (sedicenti comandanti), l’inconsistenza di tantissimi funzionari, la pusillanimità di tanti operatori (con gli opposti: da chi voleva indossare altre uniformi e non essendoci riuscito vorrebbe fare il super mega poliziotto a chi volendo fare l’impiegato ha trovato l’unico modo per entrare ina pubblica amministrazione).
Cosa intendo ripetere? Che i primi nemici di una vera seria riforma siamo noi stessi (di ogni ordine e grado), in pessima compagnia coi nostri politici locali, certi sindacati e tanti dirigenti ministeriali che occupano i posti che contano; la cosa straordinaria, che ha del miracoloso, è leggere sui giornali, anche in questo caso con frequenza quasi quotidiana, delle attività di tanti operatori che non inquadrati dalla luce dei riflettori e dei social, si dedica a garantire l’ordinato svolgimento della vita delle città, anche con atti di eroica abnegazione.
Ci sono politici locali, comandanti, funzionari, operatori che nonostante tutto lavorano, in silenzio, con dedizione, professionalità ed onore, che spesso non vengono loro riconosciuti.
A ciascuno di costoro la mia, peraltro inutile, ammirazione e gratitudine; a questo governo l’invito – che so bene rimarrà inascoltato – di mettere mano ad una riforma di cui c’è bisogno.
Se non ora quando?
Parma, 22 dicembre 2024 Memoria di santa Francesca Saverio Cabrini