Oggi sono stato a casa dei miei carissimi amici Gabriele Trivelloni & Silvia Sangiorgi e, come sempre, è stata una gran bella esperienza. Abbiamo iniziato considerando che la festa di capodanno è una delle più sciocche ed insensate tra quelle – non poche – totalmente prive di senso e, tuttavia è una delle più festeggiate, un rito collettivo al quale quasi nessuno riesce a sottrarsi. Ho ricevuto, contraccambiandoli – stavolta non ho osato sfidare l’impopolarità – una gran numero di sms di auguri tutti unificabili sotto il manto di una teoria assolutamente assurda ed insostenibile ovvero che il semplice passare del tempo possa introdurre una novità di vita.
Teoria banale ma potentissima se unita, poi, alla consuetudine dello sballo e all’imperativo categorico del dovere del godimento, non mi stupirei se nascesse a breve anche un partito politico per rivendicare anche il diritto al godimento.
Siamo poi passati a parlare di un noto personaggio televisivo e non solo, di cui siamo tutti estimatori: il giornalista Philippe Daverio, noto conduttore della trasmissione Passepartout e direttore della rivista “arte e dossier”.
Piace a tutti tre perchè conduce una trasmissione televisiva in cui, da persona competente, accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso la storia del gusto. Egli esprime, con un garbo ed un’eleganza particolari, un pensiero che spazia senza limiti temporali e confini, avendo come orizzonte l’universo; non quindi una storia del’arte, accademica e da specialisti, ma una storia del gusto mostrando come le produzioni artistiche siano la manifestazione del gusto dell’autore. L’interessante è proprio questo: non è una trasmissione manualistica, specializzata ma un’occasione per mostrare ciò che il giornalista apprezza fornendo allo spettatore delle opportunità impensate.
Siamo poi passati a parlare di bellezza ed, in particolare, di modelle: Gabriele raccontava di avere incontrato, a Milano, in varie occasioni, delle modelle professioniste. Tutte queste ragazze gli sono parse fuori norma, costruite in base ad uno stereotipo, uguali nel loro rappresentare un ideale di donna.
Vestali, vergini asessuate, custodi di un ideale, con viso inespressivo perchè sono strutturate per indossare i vestiti degli stilisti, una sorta di manichini animati.
Da queste sue parole mi veniva un’idea: di queste ragazze si potrebbe forse dire che sono belle o bellissime (non lo sono in realtà) ma mai potrebbero essere definibili con il popolaresco “bbone”; esse non risultano fruibili, desiderabili, ragazze che ti viene voglia di conoscere. Gabriele confermava la loro inaccessibilità, proprio come le vestali.
Un ideale di donna che ben mostra come la bellezza sia, in fondo, un imbroglio e perdipiù disumano.
Non è la bellezza che salverà il mondo