Bonifacio VIII e i giuristi a Bologna

Nel resoconto della visita al Museo Civico Medioevale di Bologna ho fatto cenno a Bonifacio VIII ed è giunto il momento di entrare nello specifico, partendo, come spesso faccio, da un dato autobiografico.
Uno degli esami più belli della mia carriera universitaria all’Alma Mater è stato “Storia della chiesa medioevale e dei movimenti ereticali“, un’esperienza davvero molto bella che ricordo ancora con intenso piacere soprattutto per il siparietto che mi vide protagonista.

Ero, all’epoca, ancor più timido ed impacciato di oggi, tuttavia ogni tanto mi capitava uno sprazzo di sorniona impertinenza; eccomi dunque all’esame, agitatissimo, come sempre.

Il professore mi invitò ad iniziare con un argomento a scelta, gli proposi la riforma gregoriana e Gregorio VII, al che lui mi rispose con una frase che già preconizzava come sarebbe andata a finire: “no, quella gliela chiedo io dopo, scelga un altro argomento”.

Scelsi Bonifacio VIII di cui esposi la famosa formula della teocrazia ovvero la “plenitudo potestatis in spiritualibus et, ratione peccati, etiam in temporalibus”, col commento, quasi una sfida nella rossa Bologna; “purtroppo il suo programma fallì”.

Il professore, dopo un attimo di incredula sospensione, mi ribatté uno “scusi?” Non ricordo altro di questo esame se non il voto, una volta tanto orgogliosamente meritato: 30 e lode.

Bonifacio VIII

Ma torniamo a Bologna che, sul finire del Duecento, si scontra con Ferrara (e Modena); scontri cruenti ed alterne fortune inducono i contendenti a chiedere un lodo al Papa, Bonifacio VIII; questi stabilisce il possesso bolognese dei castelli di Bazzano e Savignano ed il conflitto ha termine (l’ho fatta molto stringata).

In segno di gratitudine viene deciso di erigere alcune statue in marmo, dedicate a vari personaggi, ma il progetto muta e ci si limita alla sola statua di papa Bonifacio VIII, non più in marmo ma in lastre di rame dorate battute e applicate su una struttura portante in legno, opera dell’orefice Manno di Bandino (o Manno Bandini) da Siena; statua da collocarsi in Palazzo della Biada, la parte più antica di Palazzo d’Accursio, sede del Comune.

Poche sono le opere conosciute di Manno di Bandino, ma questa è sufficiente a garantirgli eterna memoria.

Alla statua mancano le chiavi (cui Bonifacio VIII teneva tantissimo), scomparse chissà dove e quando ed il braccio benedicente è ora bronzeo, frutto di un intervento successivo ma nulla di questi dettagli va ad intaccare la straordinarietà di questo capolavoro.

Parlandone con un giovanotto, in un altro ameno luogo di Bologna di cui tratterò a parte, Palazzo Rossi Poggi Marsili, questi mi diceva: “è metafisica“; in effetti ripensandoci la rappresentazione di Bonifacio così essenziale e ieratica la rende, all’interno del museo, una presenza davvero metafisica, che testimonia un mondo lontano e misterioso.

Opus anglicanum

Per restare in ambito ecclesiastico, altro gioiello di questo museo è un piviale, capolavoro dell’opus anglicanum, detto di san Domenico, dalla chiesa di provenienza.

L’opus anglicanum è una tecnica di ricamo tipicamente inglese, che univa fili di tessuto con fili metallici, che conobbe uno straordinario successo nel medioevo: il raro esemplare esposto a Bologna è appartenuto a Papa Benedetto XI, successore di Bonifacio VIII, sulla cattedra di Pietro.

Vi sono splendidamente rappresentati episodi delle vite di Maria e Gesù, oltre al martirio di Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury.

Ciascuna di queste opere, da sola, meriterebbe la visita al Museo Civico Medioevale, ma non è tutto, manca ora una sezione che è fondamentale non perdere: sto parlando dei sepolcri dei giuristi bolognesi.

Sepolcri dei glossatori – le arche

Si tratta di sepolture importanti, di forme diverse, dalle arche alle pietre tombali; alcune sono ancora visibili antistanti le basiliche di san Francesco e san Domenico, altre … sono qui raccolte.

Vediamo un po’ chi si trova: ci sono i frammenti dell’arca di Giovanni da Legnano dove si evidenzia il tema che si ripete con poche varianti anche in numerose altre tombe, il lettore – cioè il professore – che tiene lezione ad un gruppo di studenti.

Nell’arca di Giovanni di Andrea, il defunto è rappresentato disteso nella parte superiore, mentre nel frontale è il docente che ha, ai lati, gli attenti studenti.

Non dissimile è l’arca di Bartolomeo da Saliceto ma quasi tutte sono caratterizzate in questo modo: da notare, di monumento in monumento, i volti e le espressioni dei vari studenti, decisamente ben diversi dagli studenti cui siamo abituati oggi.

Di grande bellezza è anche l’arca di Roberto e Riccardo da Saliceto (Bartolomeo era il nipote di Riccardo), coi visi degli studenti espressivi come se fossero distinti signori nostri contemporanei, specialmente quello che sembra addormentato (più o meno come quando io partecipo ad incontri diversamente entusiasmanti); agli angoli due statue altrettanto espressive e splendide.

Sepolcri dei glossatori – le lapidi

Oltre alle arche ci sono poi le lapidi, sicuramente meno espressive ma tutte interessantissime, imperdibili.

Queste opere sono creazioni laiche, che riconoscono il ruolo fondamentale dei giuristi – i famosi glossatori – per il prestigio e, perché no – l’economia bolognese che tanto ha ricavato dalla sua università.

Se siete curiosi di vedere tombe che non siano di ecclesiastici o guerrieri, dovete proprio fare un salto al Museo Civico Medievale.

Segnalo, tra tanti, il sepolcro di Bonifacio Galluzzi per via della policromia (nulla a che fare con l’armocromia che va di moda in questi giorni) ancora ben presente: le opere del medioevo erano normalmente colorate oltre alla resa spaziale ottenuta grazie all’innovativa rappresentazione di spalle degli studenti.

Ancor degna di nota è la pietra tombale di Lorenzo Pini, la più tarda tra quelle presenti nel museo e ben identificabile in virtù di una caratteristica che ne certifica lo scivolamento verso il Rinascimento: l’accurata simmetria e la prospettiva.

Un altro monumento da non perdere è la tomba di Domenico Garganelli, opera tra i capolavori di Francesco del Cossa, stavolta non un giurista vi è rappresentato ma un cavaliere e parlando di cavalieri, merita uno sguardo anche la lastra tombale di Filippo de Desideri che ha sotto i piedi il drago, simbolo del peccato e del demonio.

E Bernardino Zambeccari, rappresentato come gisant, defunto disteso (in italiano credo si direbbe giacente) con 4 libri ai piedi; quella del libro è una raffigurazione frequente, la ritroviamo anche nella lastra tombale di Pietro d’Ancarano, che tiene un volume tra le mani e 4 gli stanno ai piedi e in quella del lettore Geremia Angelelli: il libro, un oggetto ai tempi raro e costoso, rappresenta l’appartenenza alla casta dottorale, come la spada connota i cavalieri.

Sempre coi libri, uno per mano, è rappresentato Graziolo Accarisi, forse a ricordare la laurea in utroque iure; questo personaggio è “famoso” poiché fu il promotore della discesa in città della Madonna della Guardia, cioè la Madonna di san Luca: Bologna era colpita da incessanti piogge che rischiavano di mettere in pericolo la raccolta delle messi e condannare la città alla carestia; Graziolo propose di far portare in processione per tre giorni la Madonna del santuario della Guardia, cosa che avvenne il 5 luglio 1433; l’ingresso della Madonna in città fce rasserenare il cielo e cessare le piogge.

Molto curiosa la lastra del lettore Matteo Gandoni in cattedra, ove compare, all’estremità opposta rispetto al professore, un bidello con in mano un libro: compito dei bidelli era proprio i trasporto dei libri da un’aula all’altra; da notare come per evidenziare la gerarchia sociale, si utilizzi il solito sistema, di rappresentazione in dimensione ridotta, del servitore rispetto al docente.

La pietra della pace

Che il rapporto tra Bologna e i suoi studenti fosse di fondamentale importanza per la città lo testimonia la Pietra della pace, una scultura che ritrae la Madonna con le braccia spalancate (in origine un segno di orazione ma qui di pacificazione) che ai lati ha i rettori degli studenti ultramontani e citramontani.

Siamo nel 1322 e gli attriti tra studenti e città sono forti: uno studente è stato decapitato con l’accusa di avere rapito una ragazza di cui si era innamorato, altri erano finiti in carcere in seguito a disordini, il rischio che gli studenti optassero per spostarsi altrove avevano portato a più miti consigli la città che aveva stabilito di edificare una chiesa dedicata alla Madonna della Pace (distrutta nel 1813) ed aveva commissionato anche questa lapide commemorativa.

Giusto un accenno meritano anche le statue del Palazzo della Mercanzia, già sede del tribunale mercantile che, tra le altre cose, aveva giurisdizione su tutte le questioni e le eventuali controversie mercantili oltre a doversi occupare della manutenzione del canale Navile.

In questo palazzo, nelle nicchie della facciata, erano collocate 7 statue: quelle dei santi protettori di Bologna, che, oltre al più famoso san Petronio, sono San Domenico, San Pietro, San Floriano, Sant’Ambrogio e San Francesco e la Giustizia, realizzate nell’ultimo ventennio del 1300.

Chiudo con una esposizione temporanea dal titolo enigmatico:

NON SIAMO MAI STATI OGGETTI

Per alcuni oggetti, il titolo mi sembra richiamare un paradossale titolo di un quadro di René Magritte “Ceci n’est pas un pipe”, sono state create un’immagine bi-cromatica ottenuta attraverso la post-produzione della corrispondente fotografia di still life prodotta durante la digitalizzazione; la loro identità assume significati diversi a seconda delle formattazioni a cui è sottoposta e dei luoghi in cui risiede. 

Un leone delle nevi cinese, una ciotola in terracotta, una sfera bruciaprofumi veneto-saracena, un vaso berbero, un vaso zoomorfo chimù scopriamo che non sono mai stati oggetti ma storie ancora non del tutto raccontate ed esplorate.

L’idea potrebbe essere buona…

Così ha termine questa straordinaria visita, sapendo di avere trascurato moltissime altre testimonianze della storia di Bologna e della cultura europea e mondiale, penso, ad esempio, ad una splendida testa di san Giovanni decollato e a tanti altri capolavori, ma tant’è … chiudo con l’invito ad andare a vedere di persona, a visitare, vivere e far vivere questi spazi.

Bologna, 30 aprile 2023 memoria di San Pio V papa, San Giuseppe Benedetto Cottolengo sacerdote e San Mercuriale di Forlì vescovo

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