Beata ingenuità?
Niente affatto!
“L’ingenuità è la condizione senza colpa dell’accadere psichico della psicopatologia, al posto dell’accadere psichico dell’innocenza (= non nuocere)” (Giacomo Contri, post del 21/01/2016).
Mi sono tornate alla mente queste parole – e non solo queste – per via di una telefonata di un collega che non sentivo da tempo.
Parlando di varie questioni – non è di Parma, il collega, e a Parma non ci si riferiva (a scanso di eventuali malevoli equivoci) – si è fatto cenno anche a quelle sindacali.
Ho espresso in modo chiaro e diretto il mio pensiero su un certo sindacato e su un suo rappresentante, che sfortunatamente conosco, sigla e personaggio cui il mio interlocutore è da sempre vicino.
E qui viene il bello: il collega ha condiviso le mie osservazioni negative ma ha voluto – non richiesto – giustificarsi affermando che certi meschini comportamenti lui non li ha mai notati perché amico dell’individuo in questione.
L’amicizia, quindi, gli avrebbe coperto gli occhi con un paio di sostanziose fette di mortadella.
Mi sono permesso di fargli notare che quella era un’aggravante, non un’attenuante, aggiungendo che mi risulta inspiegabile un rapporto di amicizia con siffatta persona, troppo furba, a mio parere.
Ancora una volta mi è d’aiuto Giacomo Contri:
“l’intelligenza non batte la strada della furbizia.
La furbizia non è truffa (imputabile):
la furbizia trova giustificazione in una narrazione deimputante.
Il momento peggiore, anche politicamente, è quello in cui alla furbizia si risponde con la furbizia.
La furbizia è perversa” (post del 30/11/2017).
Quotidianamente ho modo di sperimentare questa ingenuità che non è incolpevole perché frutto di pigrizia intellettuale.
Eppure il criterio di giudizio non è astratto tale per cui si possa dire:
«11 Mandatum hoc, quod ego praecipio tibi hodie, non supra te est neque procul positum
12 nec in caelo situm, ut possis dicere: “Quis nobis ad caelum valet ascendere, ut deferat illud ad nos, et audiamus atque opere compleamus?”.
13 Neque trans mare positum, ut causeris et dicas: “Quis nobis transfretare poterit mare et illud ad nos usque deferre, ut possimus audire et facere quod praeceptum est?”.
14 Sed iuxta te est sermo valde in ore tuo et in corde tuo, ut facias illum.
[11]Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te.
[12]Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire?
[13]Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire?
[14]Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».
Il criterio, lo scibboleth, è semplice: posto che il pensiero sia un mulino (che produce farina)
- portare acqua al mulino,
- non distogliere acqua dal mulino,
- non distruggere il mulino,
ecco come verificare qualsiasi pensiero, parola, opera e omissione.
Non servono specialisti, essendo a portata di mano di tutti e ciascuno.
Parma, 22 gennaio 2023 memoria dei santi Vincenzo di Saragozza, diacono e martire, Vincenzo Pallotti, sacerdote, della beata Laura Vicuna, vergine