Stavolta Barcellona mi ha visto da solo … nessuno dei miei precedenti compagni di viaggio ha potuto accettare il mio invito, io avevo già prenotato e così ho deciso di partire comunque sebbene in preda ad una certa preoccupazione (per dirla con un eufemismo).
Parto dunque da Bologna il 17, di martedì (e mi viene in mente l’adagio secondo il quale di venere e di marte non si sposa e non si parte), alla faccia della superstizione, volo Ryanair in perfetto orario.
L’arrivo, a Girona, sempre in orario, è nell’ultimo gate, ai confini dell’aeroporto così che me lo faccio tutto a piedi (gita turistica aeroportuale). Arrivati nella hall si deve seguire l’indicazione per gli autobus (a destra), usciti si vede subito un baracchino, a destra, appunto, dove si vendono i biglietti (ida y vuelta 21 €).
Arrivo alla Estaciò del nord e mi porto, a piedi, in Carrer d’Aragò dove si trova l’albergo (che credevo fosse a due passi … macché le strade a Barcellona sono lunghe …), facendo un rumore infernale col mio trolley che sobbalza sulle mattonelle del marciapiedi (esteticamente belle ma non funzionali per i trolley). Infine l’albergo: Hotel Universal.
Mi chiedono di pagare subito la stanza (e mi fanno uno sconto di 10 € pagati da qualcun altro, forse Venere?), mi domandano anche 10 € di cauzione per la chiave della cassaforte. Personale gentile (anche se il primo addetto voleva parlare inglese e io spagnolo, sigh).
Camera molto spartana, l’albergo è in via di sistemazione (spero) però pulita e c’è pure il bidet (mitico), inoltre è decisamente silenziosa. Una veloce doccia ed inizio l’avventura fino al Born dove, in un bar, chiacchiero fino a quasi mezzanotte con il barista forlivese ed un suo amico che ora vive a New York (chiacchierata interessante sui diversi stili di vita).
Il giorno dopo inizio a girovagare per la città: per prima cosa al Barrio Gotico giustamente famoso per i dolci (che meringhe, ragazzi, con dentro le nocciole intere): i mistici avevano le visioni con digiuni e astinenze, io le ho avute mangiando questi dolcetti.
Venendo a cose serie, mi sono dedicato alla Cattedrale (la Seu), ancora coi lavori in corso ma sempre interessante, poi la Via Laietana dalla quale ho intravisto il mio adorato Palau de la Musica Catalana (al centro di un grosso scandalo finanziario).
Finalmente ho visto anche la chiesa di Santa Maria del Mar dov’è ambientato il famoso romanzo che ho letto in lingua originale (sono diventato un patito dello Spagnolo, rectius del Castigliano), anche questa, purtroppo, in restauro, bella in ogni caso. Non so perché ma ero convinto che le chiese spagnole fossero molto barocche, sovrabbondanti e invece … sobrie ed eleganti.
Passeggio per il Barrio Gotico, il Born fino al porto dove si trova la scultura di Lichtenstein (simpatica ma da sola non dice molto, ce ne vorrebbero varie e sparse un po’ in giro a distanze non eccessive). Provo a vedere se sono ancora in fiore gli alberi che tanto mi avevano impressionato la volta scorsa e, sorpresa, sì lo sono ancora, anche se in fase ormai calante; l’anno scorso ero convinto fossero alberi di papaya vista la forma dei frutti, stavolta scopro, invece, che si tratta di alberi della lana (e vedendo le foto si capisce anche il perché). Mi sono sfogato a fotografare questi fiori davvero belli su alberi particolarissimi, dal tronco cicciottello alla base e sempre più affusolato salendo, con grandi spine o qualcosa del genere.
Mattinata di estasi estetiche, insomma, culinario floreali. Abbandono il Barrio Gotico, risalgo dunque la Rambla e mi dirigo alla chiesa di Santa Maria del Pi che chiude giusto alle 13, inutile dire che io sono arrivato alle 12.59, giusto il tempo di vedere il custode chiudere il portone. Non sarà certo questo piccolo inconveniente a turbarmi ed infatti mi riprendo subito e mi fiondo alla fondazione Mirò a Montjuic (dopo avere chiesto informazioni su come arrivarci coi mezzi pubblici) via teleferica (che si prende alla fermata della metro di Paral-lel ed è compresa nel biglietto della metro).
La teleferica è una delusione perché speravo di godere di qualche veduta panoramica mentre il percorso è tutto al coperto (la prossima volta userò la funicolare). Bella la Fondazione, vale la pena visitarla. Da Montjuic mi sono trasferito al mitico Hospital de la Santa Creu i Sant Pau che è la cosa che maggiormente mi ha impressionato in questo viaggio: davvero splendido, meraviglioso, incantevole. Dopo avere fotografato il fotografabile (ed essere stato oggetto del divertimento sorridente di vari frequentatori, chissà poi perché) sono andato alla Sagrada Familia (ma era già buio pesto) per tornare infine al Passeig de Gracia con le famosissime Casa Amattler e Batllò.
Il giorno successivo, con le vesciche ai piedi ma con spirito indomito sono andato a Pedralbes dove ho goduto della bellezza della Finca Guell ed il bel Monastero con la chiesa annessa. Pochi turisti, cosa che non mi è dispiaciuta ma è un peccato perdersi cose così interessanti … lo consiglio vivamente. Un salto l’ho fatto pure al palazzo reale che però non mi ha particolarmente stuzzicato per cui sono scappato di corsa al Palau Guell vicino alla Rambla: ingresso gratuito (perché si può visitare solo l’interrato? direi di si). Da lì sono andato in cerca della chiesa di Sant Pau de camp ma le facce che ho trovato nel Raval mi hanno indotto a deviare l’itinerario e a cercare chiese in posti più tranquillizzanti.
Mi sono infine dedicato al Passeig de Gracia con tutte le case moderniste che sono in zona: inizio con La Pedrera, casa Milà, che visito anche all’interno; all’uscita vengo fermato da un baldo giovanotto che mi chiede se parlo inglese, alla mia risposta un po’ titubante si congeda al che io reagisco offrendomi di parlare un poco in spagnolo (potevo farmi scappare l’occasione?). Il giovine accetta e mi intervista, cioè mi chiede vari giudizi sulla visita appena compiuta e sui servizi offerti oltre ai miei dati (età, lavoro, titolo di studio, i soliti insomma); risultato: sono soddisfatto della visita (che consiglio sicuramente), qualche critica sul prezzo (10 €) del biglietto ma esco con un 7 come voto al mio spagnolo!!!!!
Ebbro di entusiasmo per i trionfi linguistici trotterello per tutte le case che riesco ad individuare, Battlò e Amattler, ovviamente, ma anche Milà, Pons I Pascual, Lleò Morera, Fuster, Rocamora, Comalat, de les Punxes fino a casa Vicens (in Calle Carolines) e ritorno. La sera mi vede stravolto dalla fatica ma davvero soddisfatto.
L’ultimo giorno sono tornato a mangiare i mitici dolcetti dopo di che mi sono dedicato al chiostro della Cattedrale con le oche, che sono tra i miei animali preferiti; dopo di che sono andato al Museo Mares ma è chiuso per restauri sino a primavera. Ho visitato anche le colonne del tempio romano (molto nascoste e sacrificate, peccato) e vari vicoletti e stradine vicine alla Cattedrale. Infine decido di entrare in casa Battlò nonostante i 16,50 € del biglietto (l’unico neo, biglietto troppo caro): decisamente merita la visita, abitazione molto interessante, davvero splendida (non so poi se veramente funzionale e di facile gestione nella vita quotidiana), un po’ prolissa l’audioguida ma sopportabile.
Terminata la visita decido di fare un salto in libreria per comprare qualche libro in lingua; mi trattengo giusto il tempo necessario per perdere l’autobus del ritorno (che parte dalla banchina 29 della Estaciò del nord); ci arrivo trafelato dalla metro (fermata arc de triomph) ma l’autobus è appena partito. Dedico l’ora di attesa alla lettura del giornale (El Pais, mica robetta) e salgo triste e sconsolato per il ritorno.
Proprio in quell’occasione conosco una ragazza con la quale ho modo di chiacchierare per tutto il tragitto così che per un’ora sfogo il mio desiderio di parlare spagnolo spaziando dal tempo, alla crisi, a Berlusca (molto noto in Spagna e non certo per i meriti di statista), alla situazione italiana e alla mafia; certo che gli argomenti non erano dei migliori ma sarei stato disposto a parlare anche di calcio pur di colloquiare. Imprevisto finale: ci hanno improvvisamente trasferiti al gate 11, solo che hanno cambiato le scritte prima di dare l’annuncio per cui mi sono visto, improvvisamente, una marea umana che si spostava quasi di corsa verso ignota destinazione … li ho seguiti ed ho strappato il mio solito posto di fianco al finestrino, stanco ma contento.
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