BANKSY Building Castles in the Sky è il titolo della mostra in corso a Parma, a Palazzo Tarasconi.
Sono stato tentato di non andarci, considerato che avevo già visto quella di Roma, splendida, e temevo un impietoso confronto; la curiosità e la positiva esperienza romana mi hanno fatto cambiare idea ed il pomeriggio di domenica è stato dedicato alla mostra.
Una nota a margine: 15 € il costo del biglietto a Roma, 12 a Parma, un tantino eccessivo ma pazienza.
Veniamo alle opere: molte erano le stesse esposte a Roma, alcune, tuttavia non le avevo mai viste quindi è davvero valsa la pena farci un salto.
Banksy si conferma campione nell’utilizzo (mai dichiarato esplicitamente) del perturbante di freudiana memoria, quasi ogni sua opera ne è un’applicazione, come se le opere non fossero che un’occasione per manifestarlo.
Mi viene spontaneo un parallelo con due citazioni bibliche, la prima dal salmo 115:
“Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
Hanno mani e non palpano,
hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni.”
La seconda è tratta dal Vangelo di Marco (12 32-33):
“Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici»”.
Che rapporto con l’apparentemente dissacrante Banksy?
Nel primo caso siamo di fronte all’anticipazione di un perturbante: le divinità di cui parla il salmo, ma lo stesso vale per gli uomini, sono descritte in una apparente contraddizione; gli idoli, seppur muniti di tutti gli organi, sono impotenti poiché non sono gli occhi a vedere o la bocca a parlare o le orecchie a sentire ma è altro, serve una legge, serve il pensiero.
Il secondo brano (che ha dei richiami anche all’Antico Testamento) evidenzia il contrasto tra gli olocausti e i sacrifici da un lato e la legge che il Signore ha proposto agli uomini dall’altro.
Le opere di Banksy dicono, come il salmo, a ciascuno di noi che se ci limitiamo a guardare con gli occhi non vedremo mai nulla, se parliamo con la bocca non diremo alcunché, anzi diverremo ulteriori ingranaggi di quel che magari intendiamo contestare ed abbattere.
Analogo discorso vale per il brano evangelico: nel popolo ebraico c’è stato, sotto traccia, lo scontro tra chi privilegiava l’aspetto ritualistico e chi, invece, richiamava lo spirito della legge, in sintesi lo scontro tra il culto ufficiale del tempio ed i profeti.
Banksy, a modo suo, ci ricorda che qualunque attività umana, trasformata in idolo non fornisce che false certezze: dalle immagini sacre a quelle iconiche del mondo consumistico attuale, se non sono utilizzate come materia prima di lavoro del pensiero diventano dei vuoti simulacri, degli idoli cui sottomettersi.
Ma gli idoli non sono mai senza contenuto, né inoffensivi e rieccoci al perturbante: provocazione per il pensiero, invito al lavoro.
Il tempio di oggi rivelato nelle sue contraddizioni.
Parma, 24 ottobre 2021 XXX domenica del tempo ordinario