Ho terminato di leggere il famosissimo “la banalità del male” di Hannah Arendt, volume interessantissimo dedicato al processo Eichmann.
Una questione su tutte ha attirato la mia attenzione ed è quella relativa al fatto che Hitler si aspettava che nello stato nazista sarebbero scomparsi i giudici, il diritto si sarebbe dunque estinto mediante trasformazione in attività amministrativa. Eichmann stesso riferirà che le volontà del Führer, anche soltanto verbali, avevano valore di legge. Scomparso il diritto, si dissolve la giurisprudenza e tutto è ridotto ad applicazione cioè a trasmissione di ordini che devono essere eseguiti: ogni trasgressione diverrebbe automaticamente tradimento con quel che ciò comporta in termini di pena.
In questi ultimi tempi, approfittando di pensieri da altri elaborati, mi si propone spesso alla riflessione il termine bivio: la Germania nazista ha posto un bivio ed ha imboccato una ben precisa direzione; non diversa è la vita di ogni singolo individuo che spesso si trova a porre un bivio ed io stesso ne ho presenti alcuni anche recentissimi.
Giusto oggi ho avuto di nuovo notizia di una persona, un pensionato, che non avendo nulla da fare, se ne va in bicicletta in giro per la città a rimproverare i conducenti che parcheggiano sulle piste ciclabili o sui marciapiedi, lamentandosi se ne riceve, a volte, male parole: perseguita i trasgressori del codice della strada invocando il bene comune come supremo ideale di comportamento; Eichmann, di fatto, arriva a sostenere che è necessario operare obbedendo alla legge ma inteso nel senso che non bisogna limitarsi alla semplice obbedienza, si deve identificare la propria volontà col principio, con la fonte da cui la legge promana.
Paragone esagerato? Forse e tuttavia entrambi hanno posto un bivio ed hanno imboccato una strada così come ogni uomo, ogni giorno, ha facoltà di fare, nel bene e nel male – più spesso nel male o nella sospensione del rimando.
La Arendt descrive benissimo anche le forme di collaborazione senza le quali l’offensore avrebbe avuto vita dura: “portatela con orgoglio la stella gialla”, scrive una pubblicazione ebraica di quel tempo. Si potrebbe definire l’inizio della patologia psichica come una forma di collaborazionismo con l’invasore; la vicenda di Eichmann è interessante, e vale la pena leggere il libro (anche se la versione dell’universale economica Feltrinelli contiene numerosi errori) proprio perchè è utile vedere come il bivio ha conseguenze di civiltà, non solo “private”: non esistono questioni private, il rilievo è sempre universale, nella vita personale di ognuno, sto pensando alla mia, anche di questi giorni e ad alcune ingenuità che sono state giustamente sanzionate.
Ho cercato di stabilire rapporti, penso a vari colleghi, partendo dall’idea di farmi degli amici: l’idea di investire partendo da una presunta mancanza (sentirsi soli) è foriera di danni e lo sto scoprendo (e così correggo la rotta). La diffidenza che mi ha circondato, al mio arrivo a Modena, è stata corretta: prima di dare credito è necessario sottoporre a test l’investitore perchè non ne seguano inadempienze e danni; l’avevo un po’ dimenticato ma lo riprendo ora grazie al sempre preziosissimo contributo di Gabriele Trivelloni.
Ritorna il paolino “omnia probate, quod bonum est tenete”, vaglio che permette di verificare quali interlocutori potranno diventare soci e tali lo saranno sempre e solo a posteriori, via giudizio; ricordo un incontro col Dottor Giacomo Contri, anni fa; con la solita chiarezza affermava che”non perchè è mia moglie andrò a letto con lei”, così oggi posso dire: “non perchè siamo colleghi saremo amici”.