L’amico e collega Attilio Sebastiani, romagnolo doc, come ebbi occasione di scrivere in sua memoria, ci ha lasciato che sono ormai 7 anni.
Dopo tanto tempo i ricordi sono sfumati e non è facile ricordare un amico con parole che non siano di vuota circostanza, ma dato che non me l’ha ordinato il dottore, come si suole dire, non intendo descrivere santini: quel che di buono ha fatto non è stato sicuramente dimenticato dagli amici e da chi ne ha ricevuto beneficio, quel che di sbagliato ha stato commesso, sono certo che sia stato abbondantemente giudicato in quel periodo (tra la morte e la resurrezione) che i cattolici chiamano purgatorio.
Non quello dantesco in cui regna il sadismo di un giudice che sembra applicare il giudizio secondo la legge del taglione: quell’azione hai commesso, qui ne paghi il fio con dolore e sofferenza.
Penso a quello freudiano di giudizio: che sciocco che sono stato a lasciarmi scappare quella data occasione oppure rovinare quel tal quale rapporto e così via.
Un giudizio in cui il dolore non schiaccia ma resta come memoria, come una cicatrice: non produce più effetti negativi ma ricorda quel che è accaduto (“O felix culpa” proclama il preconio pasquale nella veglia pasquale del sabato santo).
Un lavoro finalmente privo della malefica influenza del super io.
Sono convinto che Attilio, se già non ha concluso questo lavoro di giudizio, ci si stia dedicando con passione, anche col supporto delle preghiere di suffragio che, chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, non ha sicuramente smesso di dedicargli.
Un giorno mi verrà qualche idea sul valore delle preghiere di intercessione, ma ci penserò, per il momento, per rispetto di una tradizione secolare, persevero nel praticarle.
Così, come ogni anniversario: buon lavoro caro Attilio.
Parma, 19 ottobre 2024, memoria di santa Laura da Cordova, martire