Resto in fiduciosa attesa di un sogno che venga ad aiutarmi, confido nei sogni che spesso benevoli offrono impensati pensieri.
Leggo, intanto, spizzichi di Ungaretti ribadendone il parallelismo con Giacometti e restando un po’ stupito perchè, normalmente, sono uomo di grandi passioni, di contrasti esasperati, di tinte accesissime; il mio eloquio è, da sempre, iperbolico e mai essenziale.
La sobrietà non è virtù che mi appartiene: mi riconosco uomo barocco, teatralizzo la sofferenza, amplificandola e rendendola acutamente, insopportabilmente, lancinante; anni orsono Gabriele Trivelloni descrisse il mio parlare come “verboso”, non l’ho mai dimenticato e mi torna in mente il mio professore di italiano del Liceo Ulivi, il Professor Giuliano Tripodi ed ancor prima, la mia Maestra delle elementari Bianca Marzoli (alle scuole elementari Fratelli Violi) con filo rosso unita alla Professoressa di italiano delle scuole medie, le Pietro Giordani, la Professoressa Matilde Gabbi.
A scuola la maestra ci faceva studiare a memoria le poesie, abitudine ripresa al liceo e fosse solo per questo dovrei gratitudine ai miei insegnanti; a tutti debbo la gratitudine di avermi fatto apprezzare il valore della parola, anche se proprio in questa si è insidiata (bel lapsus vero?) insediata la mia nevrosi.
Barocco ovvero missionario di quel tentativo di soluzione che è la perversione; credo di avere scoperto il bivio e di non correre più il rischio in forma grave come in altri momenti.
Il Professor Tripodi, col suo stile di vita bohemien che oggi chiamerei romantico sfigato, mi ha terribilmente sedotto insegnandomi ad apprezzare la solitudine del sentimento nobile, l’empatia tra me ed i versi che mi scivolavano in testa, facendomeli amare per la potenza espressiva cui era da corrispondere senza giudizio: non è stato, in questo, un buon maestro.
La mia adorata Spagna, le statue custodite nelle chiese andaluse, l’oro delle cappelle, le facciate sontuose, il barocco romano; oggi mi accorgo che una delle mie oscillazioni è proprio tra due poli solo in apparenza opposti: non vi è contrasto tra il barocco e l’essenzialità di Ungaretti; il rischio permanente è la falsa alternativa dell’asino di Buridano o di Adelchi (far il male o subirlo).
Cito di seguito alcune poesie di Ungaretti che assieme a quella precedente, “Gentile Ettore Serra”, sono di una bellezza straordinaria proprio, oltre al resto, per un’essenzialità e una capacità di descrizione dei sentimenti che mi feriscono.
San Martino del Carso
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Da “Il dolore”
Giorno per giorno 1940-1946
E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto
Agonia
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato.
Attendo un sogno…