Ancora Ravenna, museo arcivescovile e non solo

Anticipo il racconto del museo arcivescovile perchè, purtroppo, non si possono scattare fotografie, il che è imperdonabile per uno scrigno di tanta bellezza ed ancor più inspiegabile il divieto visto che, senza flash, è certo che non si creano problemi di conservazione delle opere, ma tant’è, se Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Arcivescovo così ha deciso, mi adeguo.

All’interno ci sono oggetti di notevole bellezza, risalenti al VI secolo; in particolare la croce del vescovo Agnello, alcuni mosaici provenienti dalla basilica Ursina (questi del XII secolo), ovvero la cattedrale precedente l’attuale, una statua acefala che forse rappresenta Giustiniano ma, cosa più curiosa, almeno per me, è la lastra di marmo che riproduce il calendario pasquale.

Al centro vi è la croce, com’è ovvio, contornata da 19 spicchi che formano uno strano disegno; lo scopo era calcolare la data della Pasqua cristiana che non doveva mai coincidere con quella ebraica.

La Pasqua doveva essere celebrata la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera (quest’ultimo stabilito nel 21 marzo dal concilio di Nicea); per calcolare questa data  veniva utilizzato il ciclo decennovenale o metonico, cioè il numero d’oro, il ciclo lunare e la lettera domenicale.

Il termine metonico origina dal matematico Metone che avrebbe scoperto che 19 anni solari corrispondono quai esattamente a 235 mesi lunari, mentre il numero d’oro è una cosa complicata (è il numero che dà la posizione dell’anno nel ciclo di 19 individuato da Metone) che secondo una leggenda deriverebbe dal fatto che la scoperta di Metone, annunciata alle Olimpiadi, sarebbe stata trascritta su tavole di bronzo con lettere del prezioso metallo.

Sulla lettera domenicale non mi soffermo perchè mi sono ormai smarrito nel mare di astrusi calcoli, ma rimando alle preziose e chiare (per chi le capisce) informazioni dell’enciclopedia Treccani online (vedi il link).

Il monaco Dionigi il Piccolo, famoso per avere calcolato la data di nascita di Gesù, scoprì anche che il ciclo delle date del giorno di Pasqua si ripete con cadenza di 532 anni per cui compilò una tabella che venne utilizzata da tutta la chiesa fino alla riforma gregoriana del calendario; gli ortodossi continuano a celebrarla ancora oggi con questo sistema.

Il museo custodisce anche la cappella privata degli arcivescovi ravennati, con gli splendidi mosaici, in particolare Gesù Cristo, vestito con abiti militari, che schiaccia un serpente ed un leone; nella cappella, al centro della volta a crociera, c’è il monogramma di Cristo, Iesus Xristos sorretto da quattro angeli. Nelle vele, su fondo oro, spiccano i simboli dei quattro evangelisti che reggono il Vangelo. Unica cappella del genere dell’antichità cristiana conservatasi fino ai nostri giorni.

Altro gioiello imperdibile è il seggio dell’arcivescovo Massimiano, opera straordinaria in avorio composta di formelle in avorio, di cui alcune andate perdute; vi sono rappresentati episodi della vita di Cristo e del patriarca Giuseppe oltre agli evangelisti e Giovanni Battista.

Prima di visitare il museo arcivescovile mi sono immerso nella basilica di san Vitale.

Una chiesa meravigliosa, fantastica, incantevole.

Partendo dal pavimento si nota un labirinto che potrebbe rappresentare il peccato e l’uscita la rinascita dopo la purificazione. Se la parola labirinto vi lascia indifferenti, dovete venire a Fontanellato a scoprire il Labirinto della Masone, di cui ho parlato in occasione della visita.

L’architettura non più a pianta basilicale, è di una leggerezza coinvolgente ma sono i mosaici a catturare l’occhio ed imporsi anche al visitatore più distratto.

Non manca nulla: c’è uno splendido Cristo pantocrator, il sacrificio di Abele il giusto e di Melchisedec, c’è Mosè che pascola le pecore del suocero e quando si toglie i calzari nei pressi del roveto ardente, c’è Abramo alle querce di Mamre, il sacrificio di Isacco, i profeti Geremia e Isaia, gli evangelisti, la corte imperiale con Giustiniano e Teodora ed il primo arcivescovo ravennate, Massimiano.

Credo sia inutile ripetere che di fronte ad un tale spettacolo resto incantato con gli occhi all’insù a cercare di cogliere ogni dettaglio, le piante ed i fiori, i volti dei santi o dell’imperatore o di sua moglie la basilissa Teodora.

La luce, le tessere dei mosaici, le figure ieratiche che si pongono oltre la contingenza del tempo sono uno spettacolo entusiasmante, che si ripete con sempre vivissima emozione.

Dopo san Vitale arriva il momento di un altro capolavoro, il mausoleo di Galla Placidia, ma questo è un altro discorso…

 

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