Partiamo di buon mattino, sono le 7.35 quando arriviamo alla fermata del tram, per non avere problemi coi vari mezzi di trasporto; arriviamo col dovuto anticipo alla Centraal Station dove, però, non si riesce ad individuare esattamente la fermata del pullman che deve portarci all’aeroporto di Eindhoven. Questa è stata la pecca peggiore di tutto il viaggio: in una città con ottimi servizi e che ha dei flussi turistici non indifferenti, è perlomeno fastidioso non trovare un’indicazione che una di dove si fermi il pullman.
Dopo lunga attesa, in compagnia di altri italiani, ed aver chiesto anche all’ufficio informazioni, che ha indicato, genericamente, un luogo, finalmente si avvicina l’ora della partenza, le 9.30.
Si avvicinava l’ora ma non, purtroppo, l’autobus… l’ansia cresce fino a quando, dopo una ventina di minuti, finalmente intravediamo la sagoma di un bus bianco senza altra indicazione: è il nostro e tiriamo un bel sospiro di sollievo.
Mal ce ne incolse perchè la partenza è ritardata a causa di alcuni aspiranti passeggeri privi di biglietto (che pagheranno un prezzo maggiorato all’autista… e intanto il tempo scorre…); una volta in austostrada incappiamo in un mega ingorgo, con tutto bloccato … l’ansia aumenta ancora specie sapendo che il gate dovrebbe chiudere alle 12.05 e vediamo dal navigatore che l’arrivo del bus è previsto per le 11.57…
Sono ormai rassegnato a dover trovare un altro volo; fortunatamente all’autista dicono di saltare la fermata prevista a Utrecht, la fila inaspettatamente scompare dopo qualche chilometro e ripartiamo di buona lena.
Arriveremo in aeroporto con una decina di minuti di bonus, sperando di non trovare coda ai controlli di sicurezza, pensavo avremmo potuto farcela; qui la fortuna ci assiste perchè il volo sembra essere in ritardo e c’è modo di poter fare tutto con calma.
Con calma no perchè mentre io passo tranquillamente il controllo di sicurezza il trolley di Silvia , che va in panico, viene temporaneamente stoppato perchè eccedente le dimensioni permesse (misurate utilizzando il misuratore di un’altra compagnia).
Tutto è bene quel che finisce bene: Silvia impietosisce la bionda e bellissima ragazza che l’aveva stoppata e tutto rientra nella normalità di un tranquillo rientro dopo una breve vacanza.
Alcune considerazioni generali: Amsterdam è una città molto bella, più piccola di quel che pensavo, ma deliziosa.
Caratteristica l’architettura, con le case dagli spioventi altissimi e le facciate aggettanti che fanno una strana impressione, quasi volessero curvarsi a osservare benevolmente i passanti.
Tutte le abitazioni sono poi munite di trave con carrucola per il sollevamento dei pesi, davvero caratteristico.
Il centro sembra rimasto intatto, sebbene cambiato ovviamente, lo stile è uniforme con tutte le integrazioni dovute al mutare dei tempi e, soprattutto, delle destinazioni d’uso: i tantissimi negozi, con le loro ammiccanti insegne, incidono sicuramente ma non distruggono comunque l’impianto di base delle strade.
Ho visto poca polizia in giro ma l’impressione è di una città tranquilla e sicura; anche qui come a Berlino non ho visto finestre bloccate da inferriate nè venditori ambulanti in giro o mendicanti.
Alla faccia dell’essere europei mi pare che il codice della strada e la relativa segnaletica siano ben lungi dall’essere unificati: ad Amsterdam i segnali sono pochi rispetto alle città italiane e, ad essere sinceri, non ho capito molto dell’ordine che regna sulle strade: relativamente poche le auto, numerosissimi i tram (e molto frequenti, il 2 ha frequenza di 5 minuti e, la sera, di massimo 11 nelle ore più tarde) e tantissime le biciclette.
Sembra che Amsterdam sia il regno dei ciclisti, sfrecciano ovunque, scampanellano, passano col rosso (come i pedoni), non si capisce quali corsie siano loro riservate perchè te li trovi ovunque e inaspettatamente; i ciclomotori direi che possono circolare sulle piste ciclabili (o su quel che sembra essere tale) e non hanno l’obbligo del casco (infatti non ne ho visto uno che lo portasse nonostante il freddo). Tutti gli automobilisti danno la precedenza ai pedoni e nessuno utilizza il clacson a sproposito.
In centro i negozi sono tutti di buon livello, pochi vendono robaccia, non si vedono molti cartelli con vendesi o affittasi e non c’è un compro oro; in strada non ci sono venditori abusivi.
Gli olandesi pare non abbiano una tradizione culinaria seria a parte il formaggio: in centro ci sono negozi dedicati solo a quello, vere e proprie boutique del formaggio, con tanto di mucca e zoccoli in plastica e di grandi dimensioni dentro i quali farsi fotografare.
Pensavo a Parma, culla del parmigiano reggiano e mi immaginavo, in centro, magari in piazza Garibaldi o in Via Cavour o nelle zone più frequentate dai turisti un bel negozio dedicato solo al parmigiano (personalmente mi concederei una licenza poetica e ci affiancherei anche il gorgonzola ma ammetto che scientificamente è insostenibile), con tutte le varianti del caso (differenti stagionature, di montagna, millesimato ed anche vari utilizzi in cucina). Per curiosità, guardando in rete scopro che esiste un museo del parmigiano a Soragna: ne ignoravo l’esistenza e, temo, che tantissimi altri siano nelle mie condizioni. Perchè non fare squadra e pubblicizzare una simile realtà in aeroporto, in stazione e ovunque possa transitare un turista?
Stesso discorso per ogni altro prodotto tipico di questo territorio straordinario che potrebbe essere l’Italia.
Idem per i musei: loro riescono a valorizzare cose che da noi sarebbero bellamente ignorate, noi che di oggetti straordinari siamo dotatissimi…
Un banalissimo dettaglio mi è piaciuto nella gestione del turismo: la piantina della città viene venduta tramite distributore automatico a 2,50 (prezzo un po’ da ladri a dire il vero) € ma la cosa curiosa è che si ritira una scatola bianca e rossa che assomiglia ad una confezione di medicinali, molto simpatica a dire il vero con il logo della città.
Mentre la aprivo pensando già che l’avrei trattata nel miglior modo possibile perchè la confezione invitava a custodirla per il futuro, mi tornava in mente Roma (ma Firenze, Palermo, Milano…) con tutte quelle piantine regalate a tutti i turisti; chiaro che apprezzo le cose gratuite, ci mancherebbe, ma una piantina della città venduta a 2 euro inviterebbe ad una maggior custodia della stessa, farebbe recuperare qualche spesa, con la pubblicità sopra si potrebbero recuperare anche una parte delle spese e magari abbassare ancora il prezzo, trasformarla in un oggetto ricordo e non so che altro. Forse è un’idea balzana, ma anche Silvia ha apprezzato quella di Amsterdam ed ha deciso di comprarla per tenerla come ricordo.
Amsterdam come una piccola Berlino del sud, un po’ più caotica ma sempre molto ben impostata.
Temo, tuttavia, che non sia tutto perfetto, e l’omicidio di Theo van Gogh dovrebbe ricordarlo a tutti.
Sono trascorsi 10 anni da quell’episodio tristissimo; volevo andare a visitare il luogo dov’è avvenuto il fatto, ma nessuno sapeva dirmi dove fosse; l’ho scoperto solo troppo tardi e non ho osato andarci di sera.
Leggendo wikipedia ho scoperto questo: “All’assassinio di Theo van Gogh l’artista Chris Ripke ha reagito dipingendo un murale sul muro esterno del suo studio: un angelo, la data di morte del suo assassinio e la scritta “Gij zult niet doden” (non uccidere, uno dei dieci comandamenti). I musulmani di una moschea vicina hanno denunciato il fatto al sindaco come offensivo e questi ha subito inviato la polizia a cancellarlo. Il reporter Wim Nottroth che ne ha documentato la distruzione e tentato di ostacolare l’esecuzione dell’ordinanza è stato poi arrestato”.
Lascio a ciascuno le considerazioni del caso.
Mi permetto soltanto di far notare che, dopo avergli sparato, 8 colpi, l’omicida ha tentato di sgozzare il regista: una pratica che ultimamente si è diffusa in alcune parti del mondo.
Altra cosa che mi torna a fatica: ho letto in un paio di posti delle segnalazioni, con pannelli luminosi che informavano i turisti della vendita di cocaina altamente pericolosa, invitandoli a prestare attenzione, come se la cocaina pura non fosse altrettanto pericolosa e dannosa.