A Milano

Molte persone che conosco mi hanno ribadito un pensiero che messo alla prova dei fatti si è rivelato del tutto errato: mi dicevano che tornare al lavoro mi avrebbe fatto bene, che avrei visto gente, mi sarei distratto; niente di più sbagliato.

Sono tornato perché non avevo alternative, non potendo permettermi di vivere senza lavorare ma non ne ho avuto alcun beneficio, avendo trovato un clima che … beh lasciamo stare.

Ci sono gesti che devo compiere, in solitudine, quella che normalmente mi pesa ma non in queste circostanze: andare a Milano a visitare qualche mostra, andarmene in giro guardando quella bellezza che tanto mi affascina senza riempire mai il cuore.

Nei momenti difficili normalmente escludo tutte le persone che ho vicine ed anche in questa occasione non è andata diversamente, salvo l’impensabile accadimento della conoscenza, tanto gradita quanto inaspettata, di un baldo giovanotto spagnolo col quale mi sono lanciato in lunghe concettose chiacchierate miscelando il patrio idioma con quello da me tanto amato dei cugini iberici: sembrava un remake dell’incontro coll’indimenticato Sebastian durante la visita alla Cartuja di Siviglia secoli orsono.

Le mie competenze linguistiche sono decisamente migliorate sebbene il mio spirito critico ritenga che uno possa dirsi parlante lo spagnolo solo e soltanto se lo declama con l’abilità di un Cervantes; questo limite non mi ha impedito di conversare amabilmente tanto da decidere di continuare assieme le visite che avevo in programma ma di questo in seguito.

Davvero un imprevisto che mi ha riempito il cuore di luce, per quanto di breve durata.

Abbiamo visitato assieme una bella mostra alle Gallerie d’Italia, dedicata al genio di Milano.

Il tema non era per nulla invitante al contrario della visita che è stata decisamente soddisfacente.

Tante le opere esposte, legate da un’idea tanto vaga quanto probabilmente vera come tutte le idee generiche: l’importanza di Milano come centro culturale dal medioevo (con la Fabbrica della Cattedrale) al Novecento.

 Il percorso conduce dai lavori per il Duomo al bozzetto per la quinta porta, sempre del Duomo, opera di Lucio Fontana, d’altronde un’opera così straordinaria non poteva non catalizzare forze intellettuali, declinate nell’arte e nella tecnologia, di primissima qualità e, quindi, con grande apertura a contributi provenienti dai luoghi più disparati; si potrebbe dire, con uno sguardo sull’oggi che questa impresa ha realizzato quel che oggi sembra impossibile al belpaese: attrarre maestranze qualificate di intellettuali o comunque di tecnici di rilievo.

Tra le tante opere, tutte meritevoli di attenzione, quelle che più mi hanno attirato sono state i dipinti di un artista fantastico, Jan Brueghel il vecchio, probabilmente per i dettagli, ad esempio i vari fiori che adornano la scena che ritrae Pietro di Morrone, papa Celestino V, o gli uccelli in volo.

Per non parlare dei Fiori in un bicchiere che sono di una vivacità incredibile e dire che le chiamano nature morte.

Restando ai fiori da notare anche quelli dipinti da Daniel Seghers ma nemmeno i frutti sono assenti: in questo caso ci pensa Panfilo Nuvolone a regalarci un’Alzata in metallo con una bianca, una nera e pampini che farebbe una splendida figura nel mio soggiorno e non solo.

Dettagli è la parola centrale, che accomuna tutte queste opere, quegli stessi dettagli che abbelliscono il Riposo durante la fuga in Egitto di Carlo Antonio Procaccini, coi coniglietti che mangiano l’erba tranquilli e beati come pacifica è l’intera scena ritratta, ben lontana dalle preoccupazioni che devono avere accompagnato il buon san Giuseppe in questo esilio volontario.

Saltando molte opere si arriva ad un Ragazzo con libro di Giambattista Tiepolo di commuovente bellezza.

La Madonna col Bambino san Giovannino e un angelo di Marco d’Oggiono è un’altra opera molto bella con  due splendide figure, la Madonna e l’angelo mentre i due bambini sono purtroppo troppo poco rispetto a tutto il resto.

Tutti i busti in marmo sono da me apprezzati senza se e senza ma, la scultura in marmo esercita il suo fascino anche in quel periodo, com’è il Settecento che, in pittura, non mi convince.

Ci sono poi gli immancabili dipinti del periodo napoleonico, Milano è stata una delle città italiane più partigiane del ceffo corso, con protagonista Andrea Appiani, artista celebrativo di buon livello, molto piacevole.

Alcuni ritratti ormai di chiara matrice romantica rompono quella vacuità di analoghi soggetti del periodo precedente: Milano è sempre presente, non c’è novità culturale che non trovi espressione e rilancio; Pelagio Palagi e Giuseppe Molteni ne sono sicuramente tra i protagonisti.

Ma il tempo incalza ed eccoci infatti a Gaetano Previati che mi delizia con un Autoritratto con la fidanzata in cui lei sembra ritrarsi in un moto di pudore forse in reazione a parole sussurrate di seduzione.

Del medesimo artista la Madonna dei gigli, quadro molto bello ma non mi piace il genere di spiritualità; a contrasto c’è un luciferino Autoritratto di Giovanni Segantini.

Sembrano scontrarsi, ma in realtà credo abbiano convissuto, istanze tradizionali, con opere quali la Processione di Pelizza da Volpedo, o Le due madri, di Segantini, con quelle inneggianti alla modernità, testimoniate ad esempio da Angelo Morbelli con La stazione di Milano nel 1889.

Ma ecco che incalza Boccioni, una rincorsa della modernità inarrestabile e di cui si sarebbero visti a  breve gli esiti funesti, e Sironi, cantore di una città tanto moderna quanto spettrale.

Anche Achille Funi merita attenzione con un’opera in particolare, titolata Genealogia (la mia famiglia), dove i ritratti dei famigliari sono posizionati su anonimi cubi che mi fanno pensare ai bersagli del tiro  segno dei luna park.

Adolfo Wildt, con varie opere tutte già conosciute ma non meno apprezzate è come una ciliegina sulla torta: mi piace moltissimo, con quell’abilità di rendere il marmo così lucido ma anche di assemblare materiali vari come le tessere del mosaico; ma il torso titolato Il crociato fa entrare anche il bronzo nei materiai utilizzati con grande maestria, insomma un grande grandissimo artista.

L’ultima parte vede come protagonista Lucio Fontana che col bozzetto della V porta del Duomo sembra chiudere un cerchio.

CI sono anche altre sue opere, tra le quali il Ritratto di Teresita, in tessere di mosaico su un busto tridimensionale, un’opera davvero curiosa.

Con una raccolta di opere così è abbastanza semplice affermare che Milano è sempre stata una protagonista della vita culturale europea dal medioevo a, probabilmente i giorni nostri sebbene la cafonaggine ed il fiume di droga che vi circolano rischiano di degradarla rispetto alle potenzialità che potrebbe sviluppare.

Le Gallerie d’Italia, luogo che non conoscevo sono state occasione davvero piacevole di pensare ad altro, con tutta la fatica che richiede il pensare ad altro.

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