La Scuola interregionale di Polizia Locale mi ha concesso l’onore, una volta all’anno mi capita, di mandarmi a tenere un paio di lezioni in quel di Ferrara, una città di straordinaria bellezza.
Parlerò poco dell’impegni, anzi lo liquido subito elogiando i colleghi coi quali ho avuto modo di dialogare: competenti, volenterosi, persone serie che lavoreranno con professionalmente con coscienza ed onestà.
Ma l’occasione è stata ghiotta, sebbene gli orari non fossero favorevoli, per un’escursione nel centro cittadino ed in particolare per visitare, sebbene di corsa, la collezione Cavallini Sgarbi, nel Castello Estense.
Di questa visita tratterò a parte.
L’ora della lezione incombeva ed allora non restava che ritornare a recuperare l’auto; durante il tragitto mi sono fermato un istante ad acquistare un frugale pranzo (due pezzi di pizza); in quel frangente ho commesso il terribile errore di infilare in tasca il cellulare, senza accorgermi che si era oscurato totalmente lo schermo; all’uscita non sono riuscito a sistemarlo in modo da poterlo utilizzare come navigatore per cui mi sono trovato, disperatamente, smarrito n una città sconosciuta.
Ho chiesto aiuto ad un cortese signore, che abitava però a Cento; fortunatamente è stato davvero gentile, col suo smartphone mi ha dato alcune indicazioni che mi sono state utilissime, così che affannato e sudato sono riuscito a ritrovare l’auto e ad arrivare in aula con soli tre minuti di ritardo.
La sera, invece, seguendo le indicazioni di una collega, sono andato a cena in un locale del centro storico “Il sorpasso” dove mi sono trovato magnificamente: la scelta del menù non è stata forse corretta ma il gusto ne ha goduto appieno.
Ho iniziato con una fantastica, meravigliosa salama da sugo, che avevo sentito nominare ma che mai avevo avuto il piacere di gustare: piatto saporito e intenso, di quelli che piacciono a me; una vera esperienza di delizia sensoriale.
Poi mi sono concesso una delicata anguilla marinata con sedano rapa e pere abate: di tutt’altro tenore ma non meno interessante; due piatti che mi hanno confermato nella simpatia per la città estense.
Camminando in cerca di palazzo Bentivoglio ho avuto modo di percorrere varie stradine e vicoletti di Ferrara, tutte con pavimentazione ad acciottolato ed una luce che mi faceva pensare ad una città malinconica, nebbiosa, da fine della Belle Epoque, il fondale ideale per una storia tipo la Coscienza di Zeno.
Palazzo Bentivoglio ha una facciata decisamente poco sobria, quindi da me molto apprezzata, il resto del centro storico è bello e godibile ma ammantato di un velo di solitudine e tristezza.
Il secondo giorno di permanenza, dopo una notte inquieta in un alberghetto economico di periferia, mi lascia poco spazio per le escursioni per cui scelgo una meta ormai irrinunciabile nei miei spostamenti: il cimitero.
Cimitero monumentale della Certosa, costruito sfruttando l’architettura di una splendida Certosa, non visitabile, purtroppo; un luogo architettonicamente splendido; l’interno, purtroppo, è mal conservato anche se in fase di restauro.
Mi è parso un cimitero spiccatamente borghese (d’altronde fatico ad immaginarne uno di tipo rivoluzionario) in cui mi hanno colpito una certa trascuratezza (che non crea quelle suggestioni che ho trovato a Milano o Roma) ed i numerosi fiori in plastica, decisamente inguardabili.
Sembra che la Ferrara cimiteriale voglia trasmettere l’idea di una città di lavoro, di solidità composta, senza sfarzi eccessivi.
Terminata questa visita, col famedio di Borso d’Este, inaccessibile da vicino per i lavori di restauro dell’area, non resta che il ritorno a casa.
Parma, 11 maggio memoria di san Fabio