Quattrocentesimo post e continua a piacermi.
Oggi ho cambiato il motto; conservando sempre il mio amatissimo Shakespeare.
Mattina con un bell’arcobaleno, che mi piace sempre vedere, specie in un periodo come quello natalizio, certo non propizio a questi fenomeni.
Pomeriggio con Daniela, a Reggio Emilia, presso il Palazzo Magnani dov’è in corso una bella mostra dedicata a Maurits Cornelis Escher: “Paradossi grafici tra arte e geometria”.
Le opere esposte mi sono piaciute molto; sicuramente assai meno interessante la sezione cosiddetta “scientifica” nella parte finale dell’esposizione.
Conosco poco Escher, anche se ho visto varie sue opere; mi colpisce da subito l’ordine rigorosissimo di tutte le sue creazioni, così come l’affascinante simmetria.
Incuriosito leggo il catalogo e scopro che, per motivi assai diversi, l’artista è stato prediletto dai matematici – e questo mi sembra abbastanza scontato – e dagli hippies, i figli dei fiori, che vedevano nelle sue opere gli effetti delle sostanze allucinogene, a quei tempi di gran moda.
A essere sinceri anche l’ottima Dadà ha pensato che qualche sostanza fosse entrata a supportare una creatività così anomala rispetto al consueto.
Per parte mia non saprei dire, la mia esperienza personale in fatto di droghe è pari a -∞, non avendo sperimentato manco il fumo del tabacco (ebbene sì, lo confesso, il mio spirito da borghesuccio mi ha sempre limitato questa sfera di esperimenti così che mai ho provato manco un tiro uno di sigaretta), tuttavia il rigore matematico e geometrico delle creazioni di Escher mi sembra poco compatibile con sostanze che alterano la percezione.
Questo è ciò che impressiona: l’assoluto rigore delle sue creazioni; anche dove sono presenti dei paradossi questi sono resi con uno spirito direi quasi mistico nel non concedere nulla al caso.
Di discorso mistico sembra trattarsi, nella contemplazione di leggi formali e logico matematiche, affascinanti nei loro aspetti di ordine e simmetria.
La creazione artistica, ritenuta il campo per eccellenza dell’irrazionale, sembra trovare in Escher l’alveo entro cui incanalarsi in ordinate, seppure inconsuete ed ardite declinazioni formali logico matematiche.
Sembra il gattopardesco “tutto deve cambiare, perchè tutto resti uguale”: nella diversità dei temi permane l’ossessione di un mondo pensato secondo criteri astratti e spesso impossibili.
Un mondo autoreferenziale, chiuso, in cui vi può essere differenza ma non novità.
Un saggio contenuto nel catalogo tratteggia similitudini tra Escher e Bach.
Non ho competenze musicali per approfondire il tema, ma mi venivano alla mente alcune considerazioni dell’amico Gabriele Trivelloni sul canone di Pachelbel, rappresentabile, se non ricordo male e se ho ben compreso, come una spirale.
Pensiero totalizzante, si dice anche essere presi nella spirale (e il gorgo di Maelstrom cos’altro è?), senza via d’uscita. Le due mani che specularmente si disegnano, generandosi, rappresentano bene l’autoreferenzialità e la chiusura ed insieme il fascino innegabile che tale soluzione prospetta.
Forse è un azzardo ma potrebbe esserci Narciso all’origine di questa creazione.