Il 23, ultimo giorno, mi concedo una “sontuosa” colazione con cappuccino e pasta anche perché ho bisogno di un po’ di calore: la temperatura è scesa a 17°, ideale se avessi la mia maglietta della salute, che è rimasta a casa sacrificata agli imperativi di Ryanair; purtroppo gli spagnoli temo non abbiano le idee chiare su cosa sia il cappuccino: ieri il barista ha ribattuto alla mia richiesta con un laconico “cafè con leche” – caffè con latte – che non è proprio un cappuccino; quello di oggi non ha battuto ciglio e si è allontanato per prendere una busta, versarne il contenuto in una tazza dove ha poi versato non so bene cosa, il tutto con coreografia di abbondante montagna di schiuma di latte che, oltre a non essere quella del cappuccino, si è smosciata ancor prima di arrivare nelle mie vicinanze, mostrandosi così per una roba mezza floscia e non ben identificata. Il problema si è posto quando ho tentato di sorbirne un sorso: non solo il contenuto ma la stessa tazza era vicina alla temperatura di fusione del ferro così che mi sono ustionato in contemporanea le labbra e le dita ed ho passato ben 5 minuti a soffiare prima di riuscire a berlo; altre curiosità spagnole: le brioches nei bar sono servite su piattino con forchettina e coltello mentre si usa spesso e volentieri gettare a terra, sempre nei pubblici esercizi, le bustine di zucchero utilizzate o i fazzolettini. Mi dedico, infine, ai ritocchi: un salto dove non sono potuto passare in precedenza; innanzitutto ripasso dal Pilar per un saluto alla Vergine poi all’arco di Daen (niente di che), ho il bus alle 10.30, quindi un salto sul ponte di pietra, al Convento del Santo Sepulcro ed il ritorno verso il paseo Agustin dove c’è l’autobus che mi porterà in aeroporto.
Ottimo ritorno; in aeroporto sono preceduto, nella fila, da due signore, una rossa ed una bionda, dal gran fisico, vestite in maniera assai provocante, abbronzatura perfetta, labbra rifatte, che mi fanno pensare al turismo sessuale; com’è ovvio mi ignorano né mi dispiace. Arrivo alla nota dolente: pago il parcheggio e rimango di stucco: per due giorni 36 €, come chiamarlo se non beep mi censuro ma ritengo vergognoso far pagare tanto per un posto auto: ho speso meno di albergo.
Resta inteso che mai più mi avranno loro cliente a costo di mettere la macchina in divieto di sosta in mezzo a un incrocio e il mio senso dell’opportunità mi fa fermare a questo punto.
Dunque mi è piaciuta Zaragoza? Si direi di si, con minor entusiasmo che altre volte ma si; certo un po’ di amor presupposto per la Spagna c’è ma devo dire che ho apprezzato il centro storico, la pulizia, la tranquillità: la sensazione che ne ho avuto è di una città serena e tranquilla anche se si notano i segni della crisi.
Le molte abitazioni mal conservate, anche nel centro, mi hanno disturbato un po’; le chiese non sono così sontuose come in Andalucia però lo stile mudejar mi seduce sempre. Altra nota vagamente negativa: il predominare del colore marrone che io amo poco per dirla con un eufemismo; dall’aereo si notano queste zone in cui predomina in varie tonalità dal beige alla terra di Siena, il tutto alternato e mescolato in modo da ricordarmi la torta bicolore che non mi è mai piaciuta: addirittura in alcune zone a ridosso dei rilievi sembra ci siano state colate vulcaniche, in Teruel ho visto alcuni fossati con acqua marrone rossiccio.
Anche l’apertura soltanto un giorno al mese della Cartuja dell’Aula Dei mi dispiace molto perchè non mi ha permesso la visita, peccato!
Dimenticavo: presso gli uffici del turismo chiedete il foglio con gli orari di apertura dei vari monumenti perché sembrano abbastanza variabili; gli uffici hanno a disposizione dei turni mensili con gli orari ma non è detto che gli venga in mente di darveli.
La cosa più straordinaria, che supera tutto, è la durata del giorno: alle 22 ancora si vedeva bene e alle 21 il sole stava tramontando, uno spettacolo meraviglioso.
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