Mattinata faticosa dopo una notte pressoché insonne, costellata di strani sogni, nei brevi intervalli di sonno tra una veglia e l’altra.
Alle 8.30 sono però puntuale, come nel mio stile: lavoro intenso, con poche e brevi pause; finiamo con leggero anticipo e da quel che ho percepito, con soddisfazione.
Per parte mia, di certo è stata una bellissima esperienza: ho trovato i colleghi liguri, seri, motivati molto competenti, sereni, poco lamentosi e giustamente ironici (non tutti, come sempre, ma una buona parte); devo fare loro i complimenti e mi auguro di poterli rivedere in futuro.
Riparto subito perchè ho deciso di dedicare una parte del ritorno ad una breve digressione.
Da molto tempo pensavo di andare a visitare la Certosa di Pavia e visto che sono in strada… certo la vescica, ormai trasformatasi in piaga, che ho al piede sinistro, oltre a rendermi pietosamente claudicante, tenta di dissuadermi, ma non demordo e mi concedo questo piccolo regalo.
Nel frattempo a casa il frigorifero dà qualche problema, ma resisto anche a questa falsa urgenza e mi fermo alla Certosa.
Ne tratterò a parte.
Torno a casa accolto dal caldo entusiasmo degli affetti famigliari: non ho ancora posato la valigia che si richiede il sale per la lavastoviglie; per la cena mi arrangio, in un silenzio che nemmeno la mia buona volontà, quando c’è, riesce a scalfire, come sempre.
La TV ammanta tutto di banale normalità, riempiendo i vuoti, offrendo un temporaneo lenitivo alla possibile angoscia.
Viene mia zia e lei mi chiede com’è andata, le faccio un breve resoconto e sono contento così.
Sono state due giornate del tutto soddisfacenti, vissute fuori casa.
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