Mentre vagavamo in attesa dell’apertura di Palazzo Altemps ci siamo imbattuti in un piccolo ma curioso museo, peraltro gratuito, il Museo Napoleonico.
Ho deciso di visitarlo non certo perché amante di Napoleone (che ritengo un gran brutto ceffo) ma per la curiosità di scoprire cosa potessero avere conservato i romani, e lo Stato Pontificio, dell’invasore francese.
Ecco subito il chiarimento: il museo nasce dalla donazione del conte Giuseppe Primoli della propria raccolta personale di cimeli e memorie famigliari.
Il conte Primoli, infatti, era discendente dei Bonaparte, del ramo del fratello Luciano; tutta la famiglia Bonaparte ha ricevuto dal Papa miglior trattamento di quello che Napoleone aveva riservato al Pontefice.
Un museo da visitare, non impegnativo, niente di straordinario ma una curiosa testimonianza.
Una tappa, invece, imperdibile è la chiesa di sant’Agostino che, sebbene in restauro, custodisce opere di straordinaria bellezza.
Ma prima una curiosità: l’attuale chiesa venne riedificata dopo che si scoprì che la precedente nuova costruzione era troppo piccola per le esigenze degli agostiniani e troppo sotto il livello del Tevere; questa ricostruzione è dovuta ad un mecenate, il cardinale Guillaume d’Estouteville ed ecco la curiosità: a questo cardinale è ascritta la genealogia episcopale più antica attualmente esistente.
VI chiederete cosa sia la genealogia episcopale, ebbene è una sorta di anagrafe storica delle successioni episcopali o, per dirla meglio, si occupa di ricostruire chi sia stato il vescovo consacrante di un altro vescovo e da chi sia a sua volta stato consacrato (avendo come riferimento il solo consacrante principale).
Dopo questo aneddoto veniamo alla chiesa: di stile rinascimentale, all’interno ci sono da segnalare la statua della Madonna del Parto, a partire dall’Ottocento molto venerata come protettrice delle partorienti.
Da notare il piede che sporge, non in marmo ma in argento, questa curiosità è dovuta allo strepitoso successo di un’iniziativa di Papa Pio VII che concesse, nel 1822, l’indulgenza a chi l’avesse baciato: tali e tanti furono i baci che il piede in marmo venne così consunto da necessitare una protesi in metallo.
Questa statua, peraltro, secondo la tradizione sarebbe un recupero di una statua di Agrippina che regge il piccolo Nerone; tradizione infondata poiché l’autore è Jacopo Sansovino (opera del 1516).
Dopo i pettegolezzi sulla statua di Maria, eccone altri: la chiesa di sant’Agostino era frequentata dalle cortigiane (che oggi si chiamano escort), alle quali erano riservati i posti in prima fila per evitare che il popolo, osservandole, si distraesse e non seguisse le funzioni religiose.
Non solo ammesse in chiesa, le escort (possidenti) potevano anche essere sepolte nella chiesa, ma le loro sepolture non sono più rintracciabili, probabilmente cancellate al tempo della Controriforma.
Altri pettegolezzi riguardano il capolavoro di Caravaggio, la Madonna di Loreto o dei pellegrini.
SI dice che la Madonna fu dipinta avendo come modella Maddalena Antognetti, detta Lena, forse una prostituta, pardon escort, o forse un’amante di Caravaggio; sia come sia, il notaio Mariano Pasqualone che concupiva la suddetta Lena si scontrò col caratterino del pittore che lo aggredì con una scure in Piazza Navona: a seguito di questo episodio Caravaggio dovette prima rifugiarsi all’interno della chiesa per poi scapparsene a Genova.
Anche il suo capolavoro non fu esente da pettegolezzi, anzi critiche belle e buone, probabilmente per il messaggio all’epoca politicamente scorretto: i piedi indecorosi dei fedeli.
L’opera è davvero splendida proprio perché è una rappresentazione “contemporanea” di un evento che non è risalente a secoli addietro ma avviene qui ed ora, davanti a contadini coi piedi sporchi.
Nella stessa chiesa c’è anche uno splendido Profeta Isaia, affresco di Raffaello che sovrasta un gruppo scultoreo di Andrea Sansovino, sant’Anna e Maria col Bambino: due putti reggono un cartiglio con la dedica, in greco, proprio alla madre di madre, a quest’ultima e a Gesù.
Come tutti ben ricorderete, santa Monica, madre di sant’Agostino, morì in quel di Ostia, ma, chiedo io, dove potevano mai trovarsi le sue spoglie mortali? In questa chiesa, nell’omonima cappella; in un lato c’è il sarcofago originale (la base, perché il coperchio è frutto di un lavoro Isaia da Pisa, del 1455) mentre le reliquie si trovano in un’urna sotto l’altare.
Chi mi conosce sa che riservo sempre un occhio speciale alle tombe; in questo caso mi è piaciuta particolarmente quella del cardinale Giuseppe Renato Imperiali, uomo di grande cultura (aveva un biblioteca di 15000 volumi), papabile in due conclavi ed in particolare in quello del 1730 (morte di Benedetto XIII) non venne eletto per via del veto del re di Spagna e divenne pontefice Lorenzo Corsini, Papa Clemente XII.
Una tappa imperdibile.
Roma 3 luglio 2020, festa di san Tommaso apostolo