“Di lagrime avea d’uopo” è un passo di “Traviata”, una battuta di Violetta che anticipa il famosissimo “amami Alfredo”.
Uno strano titolo, forse, ma legato a pensieri che coltivo in questo periodo.
Stanotte, innanzitutto, un sogno, poco più di una fotografia: una compagna del liceo, tal Monica Z. si trova in una stanza ad un piano alto di un edificio (il grattacielo di Rimini? ci ho abitato, all’11 piano secoli fa), c’è anche Federico; all’improvviso lui si trova all’esterno, forse a pulire i vetri, col corpo perpendicolare alla parete.
Cerco di riportarlo dentro e gli rivolgo una sorta di rimprovero: “ma proprio tu dovevi farlo?”
La scena cambia repentinamente: ora mi trovo a casa di Stefano, fratello della mitica Angelica, a Rimini; deve prendere il treno ed io lo accompagno.
Siamo in bicicletta, su una sola bicicletta, io seduto sul sellino, dietro Stefano che pedala; forse mi tengo stretto a lui al torace, mentre lui pedala con una certa fretta perché rischia di perdere il treno; passiamo sotto i portici della Pilotta (che a Rimini non è visto che sta in centro a Parma) ed arriviamo nei pressi della stazione; vedo un treno, dall’alto, e probabilmente penso che sia quello di Stefano e gli dico che lo perderà.
Ecco il sogno.
Erano, poi, giorni che avevo in mente di tornare in quel di Fontanelle, al cimitero a salutare Federico; l’avevo proposto ieri pomeriggio a mia madre, troppo caldo e troppo stanca per accettare.
Stamattina, invece, favorito dalla temporanea sua assenza, ne ho approfittato per andarci.
Un cancello nero impedisce di avvicinarsi alla tomba, pazienza.
Sono trascorsi 7 mesi e 10 giorni.
Mi sono trovato lì davanti, da solo, nel cimitero non c’era un’anima viva: gli ho parlato un po’, raccontato alcune cose e pianto; ho decisamente la lacrima facile.
Sono stato contento di averlo fatto, di essere andato a trovare cotanto amico; in una di queste sere ci saremmo incontrati, saremmo andati a cena, col buon Paolo, e invece …
Da lui mi aspetto sempre un gesto, una parola per ravvivare una presenza che mi manca.
Quando vado in ospedale (il che accade con frequenza) e passo accanto all’ospedale dei bambini mi corre sempre il pensiero a Federico, così come quando accedo alla rampa dell’ex pronto soccorso ricordo sempre che di sotto ci sono gli studi medici dove più volte, la domenica mattina, ci vedevamo per fare colazione assieme.
Tutto mi parla di te ed è bene che continui ad essere così, solo che il tuo lavoro, adesso, è quello di essermi di sprone e non di compianto; mi viene in mente un frammento di un salmo in cui si dice del Signore che è “mia parte di eredità e mio calice”.
Tutto è sempre questione di eredità, ma pare che sia un argomento non affrontabile, l’indifferenza e l’ostilità la fanno da sovrane.
Quante volte ne abbiamo parlato e quanto sei stato mia parte di eredità (a babbo vivo, come si suol dire).
Accompagnami sempre come io non cesso di ricordarti nelle mie preghiere.
Parma, 22 giugno 2020, memoria di san Paolino di Nola vescovo e dei santi Flavio Clemente, Giovanni Fisher e Tommaso Moro martiri e del beato Innocenzo V