La Madonna Litta ha vinto la mia naturale e conclamata pigrizia; con una buona compagnia di amici sono andato a Milano, al Museo Poldi Pezzoli, luogo già di suo splendido, per vedere quest’opera di Leonardo da Vinci che non conoscevo.
Leggendo in giro, ho scoperto che sembra sia copia di un originale perduto e che sarebbe stato completato da uno dei suoi allievi, Marco d’Oggiono o Boltraffio; ovviamente tutto è possibile, ma osservando le altre opere a corredo di questo capolavoro, mi pare ci sia un abisso tra gli allievi e il maestro.
Una cosa li accomuna tutti, però: la poca bellezza del Bambino, che in tutte le opere esposte sfigura rispetto alla madre; nella Madonna Litta il Bambino rivolge agli astanti uno sguardo che non è proprio dei più rassicuranti, variabile tra l’annoiato ed il minaccioso, della serie “non se ne può più”, ma a parte l’espressione, il Bambino è solitamente meno riuscito della Madonna.
Il viso della Madonna Litta è di una bellezza incantevole, tanto bello da pensare che sia inesistente nella realtà; nella collezione permanente, al piano nobile, c’è una copia da Leonardo della Madonna con Sant’Anna, opera di tal Cesare da Sesto, in cui manca sant’Anna ed è diverso il paesaggio ma la bellezza della Madonna è di eguale livello, evidentemente andava di moda a quell’epoca.
Avevo già visitato il museo ma, vista la compagnia, non mi sono sottratto ad un secondo passaggio che ho dedicato ad alcune opere in specifico e agli orologi e porcellane.
Gli orologi esposti sono bellissimi, tra tutti ho privilegiato alcuni di quelli smaltati oppure particolarmente scenografici; ad esempio ne ho notato uno di grandissima sobrietà, opera di Jean Baptiste Baillon, orologiaio ufficiale della regina di Francia Maria Leszczynska, moglie di Luigi XV, ebbene quest’opera, gioiello del rococò francese è sobria come un tedesco di mezz’età dopo un pomeriggio intero all’Oktoberfest a Monaco di Baviera.
Un altro gioiellino, un orologio ovale da petto, opera di Jean-Antoine Lépine: di piccole dimensioni ma riccamente decorato, riproduce il busto di tre quarti di un giovane uomo con parrucca a riccioli, uno di dimensioni maggiori, invece, è un carro trionfale condotto da Diana, opera di Achilles Langhenbucher.
Ma tanti altri sono da gustare: da quelli a Calvario a quelli assai licenziosi, tutti i gusti possono trovare soddisfazione.
Ho gustato con piacere anche le porcellane che normalmente non rientrano tra le cose che apprezzo nonostante la conclamata poca sobrietà: la collezione presente al Poldi Pezzoli è splendida come tutto il resto: oggetti di grande bellezza che starebbero benissimo sui mobili di casa mia (sebbene forse a rischio di incursioni ad opera della peste nera, soprannome della mitica Stella, la neo padrona di casa nera e a 4 zampe); segnalo un gruppo del Laocoonte in porcellana bianca che è incantevole
Visita interessantissima ma terminata in modo da rendere impossibile ogni altro obiettivo prefissato (la mostra di Canova, Brera) per cui mi sono separato un istante dagli altri e sono entrato nella chiesa di san Fedele, sede dei gesuiti; questa chiesa, dove venne battezzato Alessandro Manzoni, è di un bel barocco con inserti decisamente contemporanei, come il Sacro Cuore di Lucio Fontana.
Ha un bel pulpito molto elaborato, come piacciono a me, e insomma avrei scattato tante foto ma un cortese guardiano mi ha rimproverato perché scattavo troppe foto (una decina, per me praticamente niente) e con una macchina che non era normale.
Non volendo scendere in inutili discussioni, obbediente all’autorità, ho accettato questa decisione insensata (che proveniva dai capi, a detta del custode) e mi sono chiesto cosa mai potessero temere i gesuiti da un eccesso di foto (rigorosamente senza flash e senza cavalletto), ma pazienza: fare il disobbediente nella chiesa dell’ordine che ha fatto dell’obbedienza (perinde ac cadaver) il proprio (smarrito da molti, divenuti sinistrorsi rivoluzionari) carisma mi sembrava di pessimo gusto.
Impressionante la quantità di gente che affollava la Galleria, che con l’albero di Natale d Swarovski e le luminarie, ha il suo fascino amplificato, talmente impressionante da indurmi ad andarmene quanto prima possibile perché non amo la folla.
Ho scoperto anche la Casa degli Omenoni, che non avevo mai visto, e la casa natale di Manzoni.
Milano si conferma una città molto interessante, bella da visitare.
CI tornerò presto, spero ancora in buona compagnia
Milano, 5 gennaio 2020 memoria dei Beati Francesco Peltier, Giacomo Ledoyen e Pietro Tessier
Sacerdoti e martiri