Sant’Antimo

Giungo a Sant’Antimo provato da una strada bianca che mi fa dubitare più volte di avere sbagliato itinerario, non sarà così anche se probabilmente c’erano alternative migliori.

Buona parte del viaggio di trasferimento avviene in solitaria, nemmeno un veicolo o pochissimi e radi, incrociano il mio procedere.

Anche qui l’edificio svetta in mezzo alla campagna, solitaria testimonianza di un mondo ormai scomparso.

Accanto sorge l’abitazione dei monaci, vestiti di bianco, che appartengono all’ordine dei Canonici Regolari Premostratensi.

Trovo la chiesa aperta, nonostante l’indicazione di un orario diverso, ne approfitto subito.

L’interno è spoglio, tutto l’alabastro che mi aspettavo non lo vedo, forse non aiutato in questo dal sole, tuttavia l’impressione che se ne ricava è di grande suggestione.

La chiesa è austera, solenne, con quella sobrietà ed eleganza che, seppure lontane dal mio animo (sono barocco inside), mi lasciano un senso di serietà, compostezza, equilibrio.

Fino a qualche tempo fa, pensavo, davvero un giovane che avesse voglia di mettersi in gioco, avrebbe potuto dedicarsi a “restaurare” una chiesa come questa (magari con l’aiuto di qualche amico); adesso sento di quel giovane genovese che ha trovato la morte in Siria, combattendo con gli insorti, dopo essersi convertito all’islam. Mala tempora currunt.

Quattro sono i monaci che recitano l’Ufficio, in latino come si conviene (ma chi l’ha tolto il latino dalla liturgia??? grrrrrr), anche se capisco poco e nulla (giusto le dossologie perchè i monaci si alzano e si piegano per recitarle) a causa di un’acustica infelicissima.

Dopo l’Ufficio, mi sono trattenuto apposta per sentirlo, arriva la terza tappa del giorno, quella conclusiva.

Risalgo in auto e punto direttamente a Monte Oliveto Maggiore, abbazia madre della Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto.

Mi lascio alle spalle un parcometro non pagato (ops mi sa che ho fatto una dichiarazione politicamente scorretta, ma tanto mica mi candido per fare il politico) e l’impressione che la campagna senese sia fantastica anche se non adatta a me.

Tutto è costellato di olivi e cipressi, notoriamente due piante cui sono allergico; certo i vini in compenso potrebbero riconciliarmi ed aiutarmi a sopportare gli sternuti, ma i prezzi mi fan venire l’orticaria e frustrano le pie intenzioni che avevo, di acquistarne per amici e parenti.

Nella tappa di trasferimento mi fermo per un’occhiata anche a Montalcino, dov’ero stato, se non ricordo male, secoli fa, in vacanza, col mitico Pier.

Riprendo la marcia, di buona lena, verso Monte Oliveto, dove so che mi aspettano affreschi di grande bellezza.

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