Sabato mattina in quel di Milano per la prolusione, ottima come sempre, del corso annuale di Studium Cartello, intitolata “Quid amor?”: Giacomo Contri è stato stimolante, come sempre.
A fine mattinata mi arriva una pessima notizia che riguarda due cari colleghi, coinvolti in uno spiacevole episodio; uno dei due ne è uscito con un ossicino del piede rotto.
Questi gli antefatti.
La notte ecco un sogno:
C’è una ferrovia che scorre parallela a non so cosa e mio fratello si trova sul treno che mi passa a fianco, un treno merci.
Ora ho un piede rotto, come se lo fosse in senso longitudinale, per tutta la sua lunghezza, spaccato a metà.
Mi trovo in ospedale, sono piegato in una strana posizione che non so definire; con me si trova Federico che mi dice, prendendomi per le spalle e aiutandomi a rialzarmi: devi rialzarti o risalire o stare in questa posizione con la spalla, perché sennò…
Mentre mi fa ruotare la spalla destra ecco che la terra inizia a tremare: è il terremoto.
La scossa è lunga, interminabile, io sono sotto l’architrave di una porta, tra due stanze, mi faccio il segno della croce e dico a non ricordo chi: devo chiamare subito la mamma e mio fratello per sapere come stanno, ma la scossa continua ed io sono in equilibrio malfermo.
Forse dico a Federico che se deve succedere questo quando mi fa certe manovre…
Mi sveglio e sento a distanza una serie di colpi come se sparassero dei fuochi artificiali ma molto ravvicinati; guardo la sveglia, sono le 1.31, non sento cani abbaiare e percepisco il sonno tranquillo di mia mamma, il che mi fa sospettare che siano parte del sogno anche questi botti.
La rottura del piede, a parte il riferimento al collega, mi ricorda come si rompono in due i piedi di maiale, di cui mia madre è ghiottissima, una spaccatura strana, per un piede, qualcosa che non riesco meglio a chiarire.
L’episodio del terremoto rimanda direttamente all’esperienza, terribile, che vissi in quel di Modena, la notte in cui il letto tremava e, una volta alzatomi, mi sentivo vibrare e non certo per l’emozione.
Ricordo che mi feci il segno della croce pensai che forse era giunta la mia ora.
Federico che mi manipola la spalla, invece, mi rimanda agli incontri di lotta che mi è capitato di vedere durante le olimpiadi decenni orsono.
Ritorna, poi, in mente un’immagine di un sogno che mi frequenta la memoria da tempo: nella casa diroccata che abitava il signor Brando, un anziano, curvo, contadino, mio vicino di casa, c’è un ingresso che conduce ad una galleria sotterranea, illuminata con una luce che tende al giallastro. La seconda scena, quella più frequente nei miei ricordi è la seguente: mi trovo in un’amplissima galleria di un museo d’arte o archeologico o comunque qualcosa di simile; mi trovo davanti ad una lapide scritta nelle tre lingue classiche, latino, greco ed aramaico (credo); sono fermo in compagnia di un uomo elegantemente vestito, col cilindro in mano, un uomo dell’Ottocento che potrebbe essere Sigmund Freud.
Chissà perché questa immagine è così ricorrente.
La presa di Federico è posteriore, come quando a un lottatore è imposta una penalità (credo).
Alle 5 di mattina mi sono svegliato definitivamente ben riposato anche se quasi subito attanagliato dall’angoscia all’idea di dover tornare al lavoro l’indomani.
Questa sveglia così precoce mi ha permesso di farmi trovare vispo e pimpante per preparare la colazione a mia mamma, latte macchiato con un bel po’ di schiuma, cosa che apprezza sempre molto, poi via di corsa in Cittadella dove abbiamo partecipato col dovuto entusiasmo alla manifestazione benefica “all’ospedale … di corsa”.
Ormai una piacevole consuetudine che ci vede percorrere 7,5 km in 1 ora e 19 minuti: la cosa buffa è che mia mamma, da buon catorcetto, oltre a essere presumibilmente la più anziana del gruppo, masticava amaro ogni volta che qualcuno la superava e si lamentava perché non voleva arrivare ultima.
Con tutti gli acciacchi che ha, direi che è stata tenace come sempre, ma stasera urge antiinfiammatorio.
Nel pomeriggio, dopo che il tentativo di andare a visitare la Certosa è miseramente fallito a casa della fila chilometrica, ho deciso di ripiegare sul famoso Oratorio dei Rossi ovvero la parrocchia di S. Teresa di Gesù Bambino, ma questa è un’altra storia.
Concludo la giornata con la compilazione del censimento con mio babbo, così faccio contenti entrambi i genitori.
Oggi ricorre la memoria di san Gaudenzio, patrono di Rimini: auguri a tutti gli amici e colleghi che lì ho lasciato.
Parma, 14 ottobre 2018 memoria di san Callisto I Papa, di San Gaudenzio (Gaudenzo) di Rimini Vescovo e martire e dei beati Anna Maria Aranda Riera Vergine e martire, Giacomo Laigneau de Langellerie Martire, Romano (Roman) Lysko Sacerdote e martire, Stanislao Mysakowski e Francesco Roslaniec Sacerdoti e martiri