Dopo una non brevissima carriera, oltre i vent’anni, mi è stata consegnata, oggi, la patente di servizio, quasi un’emozione se non fosse che spero di poterla restituire quanto prima per intervenuta variazione del posto di lavoro.
Tra una traversia e l’altra, in tutti questi anni, non è stato possibile riuscire ad ottenerla, fino a quando, stamattina, non è spuntato un simpatico collega che me l’ha, inaspettatamente, consegnata, coronando l’evento con alcune ciliegie che ha condiviso: la mia sempiterna gratitudine, per le ciliegie, s’intende.
Oggi è un giorno importante anche per un altro motivo: sono sei mesi che lavoro a Parma, un periodo sufficiente per trarre un qualche bilancio.
Quando vado al lavoro, ogni giorno, impiegandoci all’incirca 8 minuti, mi sembra di sognare: non è soltanto un gran risparmio in termini economici, ma anche una grandissima comodità.
Bilancio economicamente positivo; umanamente, salvo qualche lodevolissima eccezione, invece, non è andata bene o perlomeno come speravo.
Sono in cerca di soluzioni alternative, nel frattempo mi accorgo di essere nel solito Maelström, gorgo senza fondo che inghiotte e trascina ogni cosa. Il Maelström mi ricorda le illustrazioni della Divina Commedia di Gustave Doré, in particolare la spinta ascensionale che accompagna Paolo e Francesca nel loro eterno vagare per l’inferno.
Da questo gorgo non c’è via di uscita perchè, come dice Giacomo Contri nel post del 25 giugno, “La robaccia non si discute: c’è doppio senso.”
A questo collego un secondo post, del 14 dello stesso mese, altrettanto breve se non di più: “Serve un momento di fare niente, per non essere impuntati a fare come prima, o peggio.“
Ecco, mi serve un periodo di far niente per non cadere nella consueta tentazione del fare e ripetere i ben noti errori (automatismo di ripetizione, Wiederholungszwang); far niente è, ad esempio, lasciare spazio ai sogni, che spero di tornare a produrre con abbondanza nelle prossime notti.
Un piccolo bilancio positivo comunque lo ritrovo in questa distinzione che spiego di seguito.
In questi sei mesi ho spesso utilizzato una frase che in precedenza non apparteneva al mio linguaggio: “è una follia”; questa frase l’ho messa in relazione ad un’altra che mi viene da pensare spesso (non la posso usare spesso per ovvi motivi) “è un idiota” ed ho operato un’importante distinzione.
La seconda frase è consueta del mio modo di pensare secondo le categorie con le quali sono stato a mia volta trattato (non la avanzo come scusante, sia chiaro), quindi è liquidatoria, individua un’essenza, la definisce e la imprigiona nella definizione stessa, non so se si possa dire lacanianamente, che quella frase diventa il significante della persona che la riceve, è una condanna all’ergastolo.
La prima, al contrario, è una guasconata, un eccesso sicuramente, ma in realtà è una manifestazione di un giudizio e precisamente, di fronte ad un fatto, rivela il giudizio che di quel fatto mi sono formato.
Mi rimane la difficoltà di individuare chi sia il responsabile delle situazioni che definisco “follia” e di come si possa uscire dalla situazione descritta perchè è sempre più materia di esperienza che gli uomini non cambiano, al più peggiorano.
La nevrosi, infatti, salvo i rarissimi casi di lavoro di correzione (le battute sugli psicoanalisti testimoniano la confusione che regna sotto il cielo) è un equilibrio instabile in cerca di una soluzione che trova a portata di mano nel pensiero della massa, nella kultur (nella cultura); per dirla in termini molto popolareschi: la perversione tira per la giacchetta la nevrosi, questa patisce dell’irrisione che la perversione, nella sua stabilità, le offre.
La soluzione apparentemente più efficace è la perversione; è utile, in proposito, utilizzare uno scibboleth di tipo giuridico/economico per smascherarne la tentazione.
In questa giornata si festeggia anche l’onomastico di Pietro e Paolo; occasione più unica che rara per festeggiarlo assieme ad uno che, appunto, di nome fa Paolo: cena in ottima compagnia, a Noceto con gli amici Paolo e Federico, ha ben concluso la serata.
Parma, 29 giugno 2009 solennità dei santi Pietro e Paolo