La mia visita a Rimini non si è limitata agli amici, che sono sempre la cosa migliore di quella città, ma si è estesa anche alle bellezze artistiche che ho voluto rivisitare; di alcune on ricordavo assolutamente nulla, come il santuario della Madonna della Misericordia in vicolo santa Chiara, luogo che non ricordo nemmeno di avere mai visto.
Di alcune non ho potuto effettuare una visita adeguata a causa di celebrazioni in corso, come in sant’Agostino, famosa per gli affreschi trecenteschi ed in cui ho scoperto riposano anche le spoglie del beato Andrea Marvelli (che non ricordavo ci fossero ai miei tempi); di altre ho avuto il piacere di ricordare cose già viste ma non meno apprezzate come nel caso del Tempio Malatestiano.
Quel che è impressionante in questa chiesa è che non sembra essere un luogo di culto cristiano quanto un mausoleo costruito per eternare la gloria del potente che l’ha finanziata.
Non che sia un fatto nuovo, basta guardare la facciata di san Pietro in Vaticano per vedere chi lo ha edificato (Paulus V Burghesius) ma qui l’aria che si respira è diversa, più rinascimentale (coi segni zodiacali e puttini ovunque); sembra che si voglia magnificare l’uomo piuttosto che rendere omaggio a Dio.
La cultura dominante ai tempi era quella cristiana per cui Sigismondo Pandolfo Malatesta a questa si è adeguato, ma rivisitandola in modo da snaturarla.
All’opera hanno lavorato luminari dell’epoca, spesso formatisi nella cultura neoplatonica che non era proprio amica del cristianesimo e gli effetti si vedono: da Leon Battista Alberti a Basinio da Parma (il primo parmigiano illustre che ha calcato i palcoscenici riminesi), da Agostino di Duccio a Roberto Valturio, non si può dire che il Malatesta si sia negato qualcosa.
Debbo a wikipedia una bella citazione dai Commentari di papa Pio II che a mio giudizio esprime sinteticamente e perfettamente quel che il Tempio Malatestiano rappresenta:
«Aedificavit tamen nobile templum Arimini in honorem divi Francisci; verum ita gentilibus operibus implevit ut non tam Christianorum quam Infidelium daemones templum esse videretur»
«Costruì un nobile tempio a Rimini in onore di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni» (papa Pio II, Commentarii, p. 92).
Mi viene spontaneo un parallelo, tempi, luoghi e modi diversi, ma una certa celebrazione dell’io che si ripete uguale la trovo nel Labirinto della Masone, che ho scoperto, sempre a Rimini, essere stato luogo di un curioso evento.
Un’amica, appassionata cultrice delle arti figurative, andata in vista al predetto labirinto, dopo avere visionato alcune delle bellissime opere esposte nel museo ed i libri che Franco Maria Ricci ha pubblicato, in particolare il Kamasutra, presa da irrefrenabile eccitazione dei sensi tutti ha costretto il marito ad un congiungimento carnale tra i vialetti del labirinto, amplesso travolgente e trasgressivo suscitato dalla bellezza delle immagini e dall’amenità del luogo.
Io non avrei mai pensato a una cosa del genere.
Beh dopo le avventure pecorecce delle amiche, torniamo alle chiese riminesi; molto bella sant’Agostino ed anche la chiesa dei Servi, il resto è nella norma.