Finalmente il tanto agognato viaggio a Cracovia ed Auschwitz è arrivato.
Siamo arrivati in orario dopo avere superato le mie consuete difficoltà d’imbarco che tanto hanno stupito i miei compagni di viaggio: temevo di non trovare più l’ha carta d’identità e, ancor prima, il denaro; tutto risolto, come sempre.
La camera dell’albergo che ci danno è migliore di quella prevista (così ci hanno detto), causa problemi di manutenzione; in realtà non è all’altezza per ospitare 3 persone ma non mi lamento di questo inconveniente, l’unica nota davvero stonata è il mio letto, ricavato da un divano di cui sento i sostegni (nel senso che ogni volta che mi giro sento il ferro che sostiene il materassino, contro le ossa), ma il problema reale è la lunghezza del piumone che mi copre i piedi o le spalle, in alternativa. Nulla mi frena, comunque. Prima giornata dedicata ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau, con pulmino che ci viene a prendere direttamente all’albergo e ci riporta a fine visita (130 zloti a testa).
La visita impegnerà circa 3 ore, svolta in un clima che non mi è piaciuto troppo. Se è vero, ed è apprezzabile, che tanta gente sia interessata a conoscere l’orrore nazista, tuttavia questo rischia di creare caos e fastidio, con torme di ragazzotti vocianti, in giro, ed i gruppi che si accavallano di corsa.
Della visita che dire? fiumi di parole sono stati spesi e non ho pretese di novità. Ciò che mi ha molto colpito è la quasi mancanza di orrore in quel che si vede, certo le foto, i capelli, scarpe, protesi, i plastici… però ci trovo il rischio di una musealizzazione che, probabilmente, è doverosa per salvaguardare le tracce, ma anche un po’ snaturante, ma forse è solo una mia impressione.
Torno sulla mancanza di orrore perché tutto sembra ordinato, in fondo, logico, organizzato: si potrebbe dire che Kant ha abitato qui.
Tutto sembra fatto scientificamente, spassionatamente, asetticamente, anche l’eliminazione del nome, sostituito da un numero. Il tentativo di fondare un uomo nuovo ha portato solo macerie e che macerie; per tutto il tempo mi è venuto in mente il coro preso da “Assassinio della cattedrale” di Eliot:
Chiarite l’aria!
pulite il cielo!
lavate il vento!
separate pietra da pietra
e lavatele.
La terra è sozza,
l’acqua è sozza,
le nostre bestie
e noi stesse
insozzate di sangue.
Una pioggia di sangue
m’ha accecato gli occhi.
…
Ogni orrore aveva la sua definizione,
Ogni dolore aveva
una specie di fine:
Nella vita non c’è tempo
d’affannarsi a lungo.
Ma questo,
questo è fuori della vita,
questo è fuori del tempo,
Un’imminente eternità
di male e d’ingiustizia.
Ricordo una frase riportatami da don Piero e pronunciata da un custode di Auschwitz di anni fa: “qui noi dobbiamo tacere perché qui Dio ha taciuto“, ecco non ho trovato questa dimensione silenziosa, di riflessione su quanto accaduto.
Al ritorno piacevole passeggiata in centro più cena, tutto molto gradevole, con piatti tipici locali.
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