Epifania dedicata ad un’altra opera del Bardo: La dodicesima notte.
Convinto che l’opera fosse frutto della regia di sir Kenneth Branagh, che si sarà capito che adoro, me la sono comunque gustata salvo scoprire che non era del mio amato autore, ma rimedierò.
Produzione meno recente, niente male comunque, con bravi attori ed un’ambientazione rembrandtiana, quest’opera, di cui ignoro il regista, ha un solo difetto: i dialoghi sono troppo veloci, non si riescono ad apprezzare in tutto il loro valore anche se è vero che, come sempre in Shakespeare, non manca nulla.
Mi spiego meglio: tutti i dialoghi dell’opera sono sempre una sfida intellettuale, sono una proposta, un invito ad intervenire rivolto all’interlocutore.
Non sono mai falsi dialoghi, non c’è narcisismo; in Shakespeare è fortissima l’idea di partner e partner libero dall’idea fissa della sessualità; ne La dodicesima notte vi è un amore dichiarato tra persone dello stesso sesso anche se la conclusione dell’opera vede trionfare il matrimonio.
Sostiene, secondo me, Shakespeare che vi è amore quando vi è rapporto, col rapporto sessuale come caso di rapporto tra due persone di sesso diverso, ma in cui il sesso biologico è solo una delle opportunità (privilegiata, questo sì) tra altre.
Un’altra virtù del mio adorato Shakespeare la vedo nella miscela di elementi cosiddetti aulici ed intercalari definibili come volgari che è come dire che non c’è un livello alto “puro”, “nobile” ed uno volgare, non ci sono nobili e plebei: il lignaggio, la nobiltà è data dall’essere un ente “superiorem non reconoscens”: ogni volta che c’è abdicazione seguono disgrazie.
Parma, 6 gennaio 2016 nella Solennità dell’Epifania di N.S.G.C.