Oporto, prima volta in Portogallo

Avevamo in programma di visitare Oporto, io e il mio amico e compagno di viaggi di ormai vecchia data, Agostino; tutto prenotato ma un antipatica citazione in tribunale gli ha impedito di partire assieme a me; avendo già pagato il biglietto non ho voluto rinunciare al viaggio e così, grazie ancora a Ryanair, sono partito alla volta del Portogallo.

Era il 17 ottobre

Avevo una certa preoccupazione, dovuta a vaghi ricordi di precedenti visite fatte da colleghe riminesi ma non volevo rinunciare a vedere un paese in fondo fratello al mio, visto che latini siamo tutti quanti.

Rischiando di perdere l’aereo per via di un’errata convinzione sull’orario, ero convinto partisse alle 18 mentre quello era l’orario d’arrivo, mi sono dovuto scapicollare per arrivare a Bologna in tempo utile per far tutto con la dovuta calma (che non ho mai).

In coda, in aeroporto, c’è un simpaticissimo giovanotto, di origini romanesche dall’accento, con fidanzata, che mi attacca un bottone chiedendomi informazioni (che non so dare) ma l’attesa scivola via velocemente e piacevolmente.

Arrivato in Portogallo, atterriamo con dei sussulti che non ricordavo da tempo; scesi dall’aereo ecco spiegato il perché di tanta turbolenza: soffiava un forte vento, tanto che le persone accanto a me erano sballottate con forza, come il mio ormai amico romanesco notava con lieve apprensione; io ero ovviamente ben zavorrato e non avevo da temere nulla.

A Oporto ho trovato un aeroporto bello, decisamente accogliente, mi sono trovato subito bene; non ho capito al volo dove fosse la metro ma due minuti di orientamento e il gioco era fatto; scendo, compro il biglietto, parto in direzione Estádio do Dragão, cambio a Trindade ed eccomi a Faria Guimarães; da lì, facendo due passi arrivo subito al 93 di Rua de Fonseca Cardoso dove il signor Pedro mi attende.

Ho scoperto che il Portogallo è un’ora in anticipo rispetto all’Italia anche se non mi sembra di notare la differenza perché non arriva il buio in anticipo, anzi.

A dispetto dei portoghesi che sono tendenzialmente tappi, il signor Pedro è alto 196; molto gentile, mi offre tutta una serie di indicazioni (una preziosa sulla cena, un locale dove tornerò per quasi tutte le sere) sulle cose da vedere, mi lascia una mappa e … via subito a fare un giro, non prima di avermi informato su un concerto previsto per la sera stessa, alle 21.30, in una chiesa non troppo distante da casa.

Fatti quattro passi per ambientarmi, nella zona della Igreja da Lapa (ma il concerto non era lì), sono andato in rua Paraiso per cenare, dove trovo anche il signor Pedro e la sua famiglia; ordino il bacalhau à braga (consigliatomi da Pedro); rifiuto l’invito di unirmi alla famiglia e rimando l’incontro in chiesa per il concerto.

Il bacalhau era buono anche se il locale in sé non mi convinceva e tanto meno mi tranquillizzavano le facce di alcuni dei, numerosi, frequentatori; mi sono trovato comunque bene tanto, come detto, da tornarci varie volte.

La cosa più strampalata sono stati i colloqui con un giovane cameriere dalla faccia molto simpatica che ho scoperto l’ultima sera essere un portoghese che non capiva una virgola né del mio inglese, né tanto meno, e questo è ben peggio, del fluentissimo (uah uah uah) spagnolo che ho sfoderato con baldanza.

Il concerto è stato bello; organo e coro; l’ho apprezzato nonostante fossi assai stanco; la chiesa non era piena, ma stracolma, mai ho visto tanta gente ad un concerto d’organo; la chiesa, di grandi dimensioni non aveva posti a sedere, ci saranno state almeno 400 persone; ho scoperto poi che la settimana era dedicata ad un festival internazionale di musica d’organo, con concerti in vari posti della città (a me uno è bastato).

Il primo approccio alla città non è stato malvagio.

La domenica, invece, è iniziata male: acqua, acqua e acqua, non a catinelle ma continua, incessante, implacabile; la mia ben nota buona stella meteorologica sembrava avermi abbandonato.

Confidavo nella Messa perché terminasse l’orribile tempo, ma, purtroppo, le mie speranze sono andate deluse.

Protetto in un primo tempo dal giubbotto in pile che mi ero portato dietro temendo il freddo, non certo l’acqua, a metà mattina mi sono dovuto rassegnare ad acquistare un impermeabile visto che non avevo comunque rinunciato a girare per la città (nè a fare un supplemento di colazione con due bomboloni – lì chiamano così quelli che sono in realtà dei bombolini piccoli piccoli e due briochine non meno piccine, però belle a vedersi).

La fortuna non mi ha assistito perché in cattedrale era in corso un battesimo ed alla borsa c’era una coda tale da rendere impossibile una qualunque visita prima del tardo pomeriggio (tanto che rinuncio): sono condannato a vagare sotto la pioggia.

Vado un po’ a zonzo, confidando nei miglioramenti meteo e visitando le chiese in cui mi imbattevo; fortunatamente a Oporto ci sono tantissime chiese; svolta clamorosa e inattesa nel pomeriggio che vedrà splendere il sole da quel momento compagno per l’intera vacanza.

La famosissima Estação Ferroviária de Porto-São Bento con a fianco la Igreja dos Congregados, la non meno famosa Igreja dos Clérigos sono state alcune delle tappe del mio vagare cui aggiungere la visita al museo della Misericordia che racconta la storia, importante di un’istituzione benefica che ancora oggi opera nella città; quindi sono tornato in cattedrale e, insomma sono andato proprio in giro a casaccio.

La Ribeira, cioè il borgo antico che scende ripidamente sulla riva del fiume Douro mi ha visto calpestare le sue pietre nei vicoli strettissimi in cui non c’era anima viva ad esclusione di qualche ceffo che metteva una certa apprensione.

Sono poi risalito passando davanti, e potevo rinunciare alla visita visto che era pure gratis, alla Casa do Infante.

Quello che non sono riuscito a fare, nonostante abbia ritentato con Agostino, è stato attraversare il Ponte Luís I or Luiz I: pochi, pochissimi passi sono stati sufficienti a mettermi in un tale stato di squilibrio che sono dovuto scapparmene a gambe levate.

Gira che ti gira mi sono diretto verso il museo d’arte contemporanea che non sono riuscito a trovare; mi sono consolato con il Palacio de Cristal che è una costruzione a cupola abbastanza orrenda ma con giardini ben curati e frequentati da animali in libertà come i pavoni, le galline e le papere.

La sera scendeva lesta sulla città, io non avevo idea di come tornare salvo scoprire che, in fondo, non ero così distante da casa come poteva sembrare; scarpinando alacremente mi sono trascinato stanco morto, assetato e affamato nella solita rua Paraiso che coincideva veramente col paradiso visto che ho potuto dissetarmi e mangiare il polvo non mi ricordo cucinato come.

Altra buffa particolarità: il Pedro mi ha consigliato di ordinare mezza porzione di bacalhau (ma il discorso vale anche per il resto); la mia faccia stranita credo sia stata assai più efficace della risposta dubbiosa che gli ho dato, ma lui ha insistito, dicendomi di dargli retta; effettivamente la mezza porzione equivale a un piatto per due persone, anche se per me era la razione esattamente confacente al desiderio di cibo che avevo dopo una giornata a digiuno  e tanti, ma tanti km percorsi in un continuo alternarsi di saliscendi che hanno messo a dura prova come non mai i piedi e i polpacci (che sono, peraltro, uno dei pochi muscoli che ancora si intravedono nella massa informe della mia pinguedine).

Così una mezza porzione di bacalhau costa 11,50 € ma ci mangiano in due o io da solo affamato; aggiungendo una cerveza da 40 cc sono arrivato a spendere 15  €, una cifra molto più che dignitosa e impensabile in Italia.

Parlo, alla fine, di una chiesa, accanto al palazzo della Borsa, che ha rappresentato una quasi visione mistica: la  Igreja de São Francisco, ovvero la chiesa di san Francesco; il suo interno decorato secondo gli stilemi del barocco è un luogo talmente straordinario da meritare da solo il viaggio a Oporto.

L’albero di Iesse è incredibile, così come tutto il resto di una chiesa letteralmente ricoperta da talha dourada, che tradurrei con legno intarsiato e dorato: ne sono rimasto incantato.

Nel sotterraneo c’è una necropoli che custodisce le tombe degli associati alla confraternita legata alla chiesa, un luogo lugubre, che ricorda vagamente ben più famosi cimiteri sotterranei.

Ho dimenticato la Igreja do Carmo… 

In fondo è stata un’ottima giornata anche se ho rinunciato al secondo concerto perché avevo le gambe davvero a pezzi.

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