Credo che all’inizio fosse al mare con Riccardo M. (mio compagno di obiezione, ai tempi che furono) che mi mostrava forse un promontorio; parliamo di qualcosa che non ricordo.
Entro in una grande stanza dove c’è una funzionaria di polizia con la quale scambio alcune parole, forse le spiego che è bene fare sempre il saluto militare, cosa che io faccio regolarmente, saluto sempre tutti col saluto militare per cui non mi costa nessuno sforzo perché ci sono abituato.
Sto facendo il militare, o meglio sono stato arruolato per il militare: la commissione mi dichiara idoneo; siamo un gruppo nutrito, in attesa di disposizioni in questo grande stanzone.
Ora ci troviamo nei pressi di un altro grande locale dove c’è un istruttore: scopro che bisogna fare ginnastica ma io ed alcuni altri ne veniamo esentati, non so perché ma credo che la cosa mi faccia piacere.
Mentre gli altri si allenano siamo nel corridoio a fianco dove ci sono varie persone, tra queste ci sono Giorgetta R. e suo figlio Massimo, col quale scambio alcune frasi; in particolare lui mi dice di aver perso la proprietà della casa perché aveva firmato un contratto che prevedeva lo scambio di abitazioni, lui avrebbe consegnato la sua ma non ha mai ricevuto l’altra; ripensandoci direi che queste cose me le ha dette sua madre mentre Massimo andava a prendere i documenti che poi mi ha mostrato.
Si parla di aver riconosciuto o meno qualcuno di loro (di quelli che stavano in corridoio) e credo di aver detto una frase del tipo: “ti ho riconosciuto perché ci conosciamo bene, molto bene” come se insinuassi o ricordassi, con complicità, una conoscenza maggiore di quella dichiarabile pubblicamente (mi riferisco a Massimo).
Ad un certo punto mia mamma si allontana per andare in ospedale, che si trova in fondo a un vicolo (che sembra essere il corridoio stesso), al che io obietto qualcosa di questo tipo: “ma come, ti ho sempre portato io dai dottori, adesso che vai dal cardiologo, per una visita così importante, non mi dici niente?”.
Mia cugina, tuttavia, mi rassicura in proposito.
Ormai è sera e in palestra sembra che stiano ancora continuando ad allenarsi, così penso che li schianteranno se continuano facendo in questo modo.
Ora mi trovo, credo, in cortile a casa mia, suona il telefono ma forse è scarico, forse ne cerco un altro, poi sento squillarne uno nella mia tasca dei pantaloni, lo prendo e qualcuno mi dice che è un vecchio telefono che sostituisce, forse, il mio ma non so bene perché.
Credo sia Agostino che mi parla delle stanze; c’è il problema di chi avrò come compagno di stanza; credo di parlarne con Agostino e di sapere che non sono in stanza con lui perché lui, avendo fatto ginnastica, ha avuto un altro socio.
Parlo con qualcuno del servizio del giorno dopo e questi mi dice che dalla mezzanotte in avanti il servizio potrà essere stravolto (?), e lo dice con una certa preoccupazione, temendo sorprese ed imprevisti.
Gli faccio notare che essendo noi anziani non facciamo il militare come i ragazzotti e quindi, credo, non dovremmo temere i loro scherzi e il nonnismo.