Il grande fiume ha vinto anche stavolta, con calma si è ripreso quel che è suo: la golena, almeno una parte, del Po è stata invasa.
Mi mancava questa esperienza (a Modena il terremoto, a Mezzani l’alluvione…) che è triste per un verso perchè vedere la forza delle acque che distrugge e comunque danneggia e rende inservibile per molto tempo quel che l’uomo ha messo in piedi a fatica non è uno spettacolo piacevole. Tuttavia vi è anche quella componente “fascinosa” che deriva dall’assistere a fenomeni naturali di grande portata.
Sono stato a vedere dove l’argine della golena è stato tagliato, per cercare, se non di contenere almeno di frenare la sua furia, inutilmente purtroppo. L’acqua scorreva, impetuosa, violenta, con un cupo rumore di devastazione in sottofondo, quasi volesse dimostrare che l’opera dell’uomo è precaria quando non tiene conto adeguatamente della realtà fisica e idrogeologica del territorio.
Da lontano, poi, ho assistito allo scempio di un ampio margine dell’argine: si vedeva, sebbene a distanza, come l’acqua, una volta tracimato, stava sbocconcellando l’argine, come se fosse un pezzo di parmigiano passato sopra la grattugia. Nel giro di poche ore milioni di metri cubi d’acqua hanno occupato tutta l’area golenale invadendo gli edifici fino al primo piano.
Ho detto un’ovvietà ma, guardando le case sommerse fino al primo piano ed avendo assistito alle operazioni di sgombro delle attività mi veniva da pensare che in un paese civile le golene dovrebbero restare libere da manufatti.
Si risparmierebbero rischi, spese (ingenti), disagi vari (notevoli) e discussioni (infinite visto che c’è sempre qualcuno che non vuole lasciare l’abitazione).
Taccio dei tanti curiosi che creano pericolo e disturbo, immancabili come le mosche sulla…
Mi sono comunque offerto volontario per il turno notturno (terminato verso le 10 del mattino); pensavo di non farne più e invece… e stavolta è stato pure davvero pesante, segno che le forze cominciano a calare; poi ho fatto pure la sera, insomma una giornata con doppio turno, come ai tempi di Rimini e Modena.
Avevo l’impressione di vivere in presa diretta le scene di uno dei film dedicati a don Camillo e Peppone, in particolare quella dell’alluvione, con la sola differenza che nel mio caso mancava la nebbia a rendere ancor più surreale la scena. Gli alberi che si specchiavano nell’acqua oppure sbattuti dalla corrente, le case semisommerse, una civetta appollaiata sui rami ormai scheletrici accanto ad una casa diroccata invasa dall’acqua fangosa, qualche lepre che attraversava la strada fuggendo al nostro sopraggiungere ed infine una coppia di cerbiatti pronta a nascondersi tra gli alberi, questo il paesaggio che ho incontrato in questi due giorni di esondazione.
Ho sperimentato, invece, un bell’esempio di solidarietà della protezione civile i cui volontari si sono mobilitati con grande spirito di abnegazione; nonostante questo trovo i mezzanesi assai poco ospitali, abbastanza querulomani ed anarcoidi, spesso in lite tra loro per assurde banalità.
Mi è accaduto anche un fatto totalmente inaspettato: mentre mi trovavo a pochi passi dalla breccia con alcune altre persone che commentavano il veloce travaso delle acque, un signore mi ha chiesto come mi chiamassi; alla mia risposta mi ha sottoposto alla più imbarazzante di tutte le domande: “ti ricordi di me?”.
Risposta ovvia e sincera: “certo che no”; si è allora presentato e l’ho subito riconosciuto, era Giancarlo Alinovi.
Nessuno lo conosce nè ha mai sentito parlare di lui da questi schermi perchè erano bene 40 anni che non ci vedevamo: Giancarlo è stato mi compagno di scuola alle elementari; non ricordo molto dell’epoca soprattutto perchè lui non abitava vicino a me e quindi era impossibile vedersi dopo la scuola, tuttavia tra le nebbie che avvolgono quel periodo emerge un moto di simpatia che mi fa supporre che fosse tra i compagni che mi piacevano.
Mi ha fatto molto piacere rivederlo.