Parto di buon’ora confidando nella buona sorte: mi viene il dubbio di avere la valigia troppo pesante ma nella fretta … mi accorgerò che è ancora piena di cose che dovevo lasciare a casa di mia mamma, mi porto al seguito una decina di kg di peso inutile. Tutti i treni sono in orario, stento a crederlo ma arrivo puntuale: la freccia argento però delude enormemente le mie alte aspettative: ho un posto accanto al finestrino che è talmente stretto da farmi ricordare come comode poltrone quelle dell’aereo; fortunatamente quello a fianco resterà vuoto e avrò modo di respirare.
Arrivo in orario ma la metro è intasata, anzi impraticabile viste le file alle biglietterie: opto per il bus in superficie, giusto quando arriva il bus vengo chiamato per una questione di lavoro – di cui non parlerò – mi sono imposto di non parlare di lavoro: devo farmi vivo con “assoluta urgenza”, l’ansia in questi casi mi attanaglia e quindi chiamo subito, mi becco la reprimenda (conto i giorni per la mobilità) e sbaglio a scendere: mi percorrerò una buona parte di Roma con la valigia che mi sfianca ed il caldo che mi fa sudare come un elefante con le caldane.
Giungo trafelato all’inutile incontro che, fortunatamente, dura poco; il mio spirito anticipatore della spending review mi fa trattenere negli uffici a scroccare il misero pasto a base di ottimi tramezzini (difficili da mangiare in piedi in spazi angusti e senza piatto) così che non graverò sulle spese di trasferta nemmeno per il pasto.
Liberatomi del dovere mi dedico a raggiungere l’albergo (zona di Sant’Anselmo), il Major Aventinus dove sono accolto con estrema cortesia e garbo: mi sembra davvero un ottimo posto e lo raccomando a chiunque venga in zona).
Nei dintorni c’è il famoso buco della serratura che fa molto guardone ma sopratutto inquadra la basilica di San Pietro poi le chiese di Sant’Alessio e Santa Sabina: quest’ultima è davvero molto bella e la visito con grande piacere; vado poi alla piramide Cestia in cerca del cimitero acattolico che troverò a 3 minuti dalla chiusura: ci tornerò magari domani; nei pressi ho trovato però un negozio che aveva delle meravigliose ed ottime ciliegie, potevo resistere alla tentazione di mangiarmi le ultime della stagione e a Roma? Non ci ho nemmeno pensato: in men che non si dica sono state mie ed altrettanto velocemente hanno deliziato il mio palato.
Mi trasferisco a Piazza Barberini in visita al San Francesco di Caravaggio di cui sapevo l’esistenza ma che credo di non avere mai visto: i frati hanno risistemato tutto creando un vero e proprio percorso museale che ha il culmine nel dipinto del Caravaggio (non unanimemente attribuito a lui se non ho male inteso) e nelle cappelle (che già conoscevo) abbellite o meglio decorate con le ossa di numerosi fratacchioni.
Spettacolo molto barocco, de contemptu mundi: in questa occasione ho modo di conoscere un giovane e simpatico sorvegliante, persona oltremodo gradevole e cortese, tal Emanuele, col quale mi intrattengo in amabili conversari; punto poi verso Santa Maria sopra Minerva ma la troverò chiusa.
Scopro che nella splendida piazzetta di Sant’Ignazio si terrà un concerto della banda dei vigili del fuoco, così approfitto per consolidare l’abitudine di godere di qualche evento musicale durante le escursioni.
Musica molto moderna, non ho capito nessun nome degli autori salvo Verdi (pezzo a me ignoto) e Gershwin, niente di entusiasmante ma gradevole serata.
Stavo peraltro malignando sulla mancata esecuzione dell’inno nazionale ma i buoni pompieri, a fine serata hanno rimediato facendomi sentire maligno e malfidato (lo sono peraltro): onore nazionale salvo, meno quello della banda che si esibisce in brani tipo “Roma nun fa’ la stupida stasera”, “funiculì funiculà” ed un assoluto autoironico – apprezzo queste arditezze – “I pompieri di Viggiù”: la parte nazional popolare un po’ me li fa scivolare ma dai, in fondo è pure gratis.
Durante il giorno, peraltro, mi si è staccato un pezzo di suola della scarpa sinistra così che me ne sono andato in giro assai scomodamente: non mi fermo certo di fronte a queste inezie.
A domani
Inutile dire che ho voglia di tornare a Modena come di prendermi un dito in un occhio.
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