ribrezzo del diritto

Citazione da “Il fatto quotidiano” di ieri 21 agosto: “Proviamo un senso di ribrezzo nel constatare che un presidente del Consiglio possa ancora scendere a patti con Berlusconi sulla giustizia“.

Ribrezzo è un termine forte, anzi lo sarebbe stato una volta, oggi, come tutto il linguaggio, è segno di un eccesso di conflittualità sconfortante. Cito ancora (stavolta dal sito www.etimo.it), ribrezzo: “in senso morale moto di repulsione prodotto da vedere, udire o fare cose deformi o atroci”.

Rimanda all’idea di purezza di cui ho già trattato.

I pentastelluti autori della frase citata provano, dunque, ribrezzo: gli avversari politici sarebbe, in effetti, assai più comodo poterseli scegliere; credo che anche forze dell’ordine, militari, magistrati, medici, sacerdoti, negozianti e magari tanti altri, potendo, vorrebbero avere a che fare con interlocutori di loro gradimento. Immagino la scena della persona che davanti al magistrato gli obietta: “signor giudice, io non mi faccio giudicare da lei, mi fa ribrezzo, mi mandi un suo collega di mio gradimento o non se ne fa nulla” oppure, a parti scambiate “io non giudico il suo caso, perchè lei mi fa ribrezzo, datemi solo cause con parti che mi vadano a genio”: trasferimento dei processi per “legittimo ribrezzo”.

La politica è un’altra cosa, è un’attività che implica, ex ipsa natura rei, il rapporto con chi, vedendola in modo diverso, non è detto che possa piacere.

Il paragone con la purezza della razza, o della credenza religiosa è forse ardito, ma non troppo: la logica sottostante non è di tipo giuridico, di sanzione dei comportamenti, ma di ordine morale, teoricamente, ideologicamente morale.

Oggi leggevo sul Corriere un articolo dedicato alla terrorista islamica che sogna di giustiziare un occidentale, inglese o americano che sia, poi quello dell’esecuzione di 18 presunte spie palestinesi a Gaza.

La terrorista ucciderebbe chiunque, (pur che, per ora americano o inglese, poi chissà) questo chiunque è la trasformazione dell’uomo in fantoccio: non c’è omicidio ma semplice soppressione di un fantoccio dalle sembianze umane, perchè l’omicidio è già avvenuto, da tempo, nel pensiero, nel pensare l’altro come possibile partner.

L’isis piuttosto che i terroristi islamici sparsi per il mondo (e non solo quelli islamici) è teorico: dati dei presupposti, se ne ricavano necessariamente delle conseguenze.

Manca il rapporto in quanto fondato giuridicamente, sostituito, fagocitato dall’idea della fratellanza che può essere di sangue, di religione, di etnia, di sesso, di idee politiche.

Corollario di questa idea è quella di purezza, con tutte le pulizie che ne sono derivate.

Ulteriore corollario è il ribrezzo del diritto.

Non intendo avvicinare politicanti italici e terroristi, mi limito ad osservare che tratti comuni si rinvengono in realtà tra loro molto distanti o forse non così distanti come potrebbe apparire.

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