lapidi di militari

Mi sono dedicato, ancora, velocemente, ad un po’ di lapidi di militari, commemorative dei soldati caduti durante la Grande Guerra. Volti di giovanissimi, quasi bambini con i criteri di oggi, che hanno immolato il fiore degli anni per quella che Benedetto XV aveva bollato giustamente come inutile strage.

Intanto i titoli di studio: ragioniere compare con certa frequenza, oppure ingegnere honoris causa.

Certo, ragioniere cento anni fa aveva un valore che oggi ci sognamo.

Poi l’eroismo, il nemico, la patria, la fede, la famiglia; anche in chi muore dietro una scrivania, trattando scartoffie, si trova l’aspetto eroico (e consolatorio, per la famiglia).

Sto leggendo, in questi giorni, un bel testo di Alberto Mario Banti (Le questioni dell’età contemporanea) che tratta, tra gli altri, del successo dell’idea nazionalista.

Leggendo le lapidi trovo conferma dell’idea che la patria è madre, che i condottieri importanti sono i padri della patria e che tutti siamo fratelli (“Questa terra fu a tutti nudrice”).

Cito dal libro di Banti:

“Ma perché proprio l’idea di nazione diventa un’ideologia così convincente? La questione va trattata considerando l’efficacia delle tecniche comunicative o dei rituali che vengono messi in atto, e una delle soluzioni retoriche più potenti che appartengono al repertorio del discorso nazionale è il suo continuo accreditare la nazione come un fenomeno “naturale”, come un dato di realtà strutturatosi attraverso fenomeni fisico biologici e nel corso di una lunghissima storia. Dal punto di vista comunicativo tali assunti di fondo sono fatti apposta per sottrarre il nucleo fondamentale dell’ideologia a qualunque tipo di discussione; al tempo stesso si basano su qualche elemento di effettiva, seppur vaga, plausibilità.”

Anche chi muore di colera, quindi lontano da azioni belliche è “vittima del dovere che fu legge della sua vita ingegno geniale entusiasta della patria…” (lapide di Gaetano Ronchetti, impiegato superiore delle dogane, morto a 49 anni).

Molto bella la scelta di “vittima del dovere” perchè è vero che il senso del dovere è potenzialmente stragista.

Altre lapidi ci ricordano che “sacrificava la sua balda giovinezza alla patria” (lapide del Ten. Rag. Armando Bonamore da Torino) o ancora “… il loro amato congiunto diede tutto sè stesso per la maggior grandezza della cara Italia”.

Per “la grandezza d’Italia” cadeva, non ancora trentenne, il caporal maggiore Luigi Mella, mentre un padre, “già volontario d’Africa, patriota fervente, col prode suo cuore sosteneva i tre eroici figli nella strenua lotta per l’Italia”.

Un altro giovane, di 19 anni, “esempio fulgido di sublimi doti figliali con alta fede cadeva valorosamente sacrificando la sua giovane vita per la civiltà e per la patria”.

Il tenente Aldo Barbieri cade gloriosamente “contrastando al barbaro l’invasione della patria”; un altro valoroso ufficiale cade “spento dalla ferocia teutonica”, “all’ombra del nostro glorioso tricolore cementando col suo sangue la vittoria delle armi alleate”.

Riccardo Pessina e Vittorio Zerbi, rispettivamente di 21 e 19 anni “fratelli di sangue di fede d’entusiasmo offrirono alla patria olocausto di loro… esempi fecondi di nuovi ardimenti”.

Il caporale Luigi Canziani “immolava la balda giovinezza dei suoi ventanni .. più volte encomiato e proposto per ricompensa al valore fù soldato ben voluto dai superiori e dai colleghi. Orgogliosa del sacrificio per la patria diletta la famiglia…”.

La lapide di Ugo Campi, con caratteri che ricordano Klimt, ci ricorda il piolta aviatore che “entusiasta dell’arma sua – ardito senza ostentazione – sempre eguale e sereno – buono di una bontà infinita perdev la gagliarda e giovane esistenza – nell’adempimento del suo dovere”, al suo fianco la lapide di Adamo Albertani, che ventitreenne “dava alla patria diletta la sua generosa e virile giovinezza”.

Del tenente Massimo Lambrini si ricorda che “affinchè il suo corpo formasse barriera insormontabile al nemico invasore immolava la sua giovane esistenza”, mentre di Guido Isella gli amici ricordano, in rima, che “alla verde età di ventanni / cuor di soldato e di bontà infinita / nel bacio che suggella i dolci affanni / per una patria grande ei diè sua vita!”.

Continuo con Luigi Bertani “buono studioso amantissimo della famiglia … non ancora quadrilustre … serenamente dava tutto se stesso alla sua diletta Italia che con viva fede e santo entusiasmo  voleva grande radiosa”.

“Per la redenzione d’Italia e di tutti gli oppressi – per un grande avvenire di libertà di giustizia di amore sacrificava con impeto eroico la giovinezza appena ventunenne … il rag Emilio Angelini”.

Il caporale di fanteria Andrea Schiatti ventinovenne “anima nobile e generosa. Nella pace ebbe il culto della famiglia e del lavoro – nella guerra l’alto sentimento del dovere per la grandezza d’Italia”.

Luigi Colombo, figlio di militare e sergente “seguendo i militari esempi paterni crebbe patriotta e credente – la patria nel suo vessillo glorioso ne avvolge la salma – la fede ne adduce l’anima alla misericordia di Dio”.

Alessandro Villa “bello ardito nobilmente affettuoso pugnando contro l’ereditario nemico per la grandezza della patria…” trova compagno il giovane ufficiale Angelo Evagelisti che “a difesa della patria diletta eroicamente pugnando contro il barbaro nemico cadde”.

Il dottore in scienze sociali Leopoldo Muggiasca “per un più grande e radioso destino della patria faceva generoso olocausto della sua govane fiorente brillante vita”.

Chiudo con una lapide commovente per le motivazioni, perchè la patria la si serve in tanti modi e tutti, costando la vita, assurgono ai toni dell’eroismo e del martirio: il ventiduenne Vittorio Dell’Orto “ex impiegato della ditta Vallardi… lo scoppio di una granata gli troncò la giovane esistenza mentre in zona di guerra coadiuvava il suo amato colonnello nei delicati lavori d’ufficio…”; la famiglia ne implora “da Dio il premio dei martiri”.

Secondo George Mosse, citato da Banti “la dinamica del nazionalismo moderno fu costruita sull’ideale di virilità … la virilità … si modellò sull’ideale aristocratico della cavalleria quale esempio di virtù in un mondo in cambiamento e quale modello per i suoi comportamenti; e fu senza dubbio un concetto borghese: durante le guerre della rivoluzione francese, gli eserciti dei cittadini sostituirono quelli di mestiere, come accadde in Inghilterra e in Germania, dove moltissimi volontari delle classi medie seguirono la propria bandiera, mossi dall’attaccamento alla nazione e dal desiderio di mettere alla prova la propria virilità. Questo fenomeno senza precedenti assicurò un posto preminente all’ideale della mascolinità nell’immagine che di se stessa veniva costruendo la borghesia proprio nel momento decisivo della sua affermazione sociale. I poeti della guerra tedesca di liberazione del loro del loro glorificarono la virilità, mentre i drammi, per esempio quelli di Klopstock e di Kleist, sulla Hermannschlacht (la vittoria di Arminius sulle legioni sulle legioni romane) esaltarono la forza, il predominio e la crudeltà…”

La sfida di allora, cioè la capacità di giudizio dell’ideologia nazionalista oggi come viene declinata? e sfruttando Freud cosa se ne potrebbe dire e ricavare per oggi?

Aggiungo una postilla presa da wikisource, ricordando che, tra i vari significati di MAS, c’è quello coniato da D’Annunzio “Memento Audere Semper”:

Decalogo della X Flottiglia MAS

  1. DIO – PATRIA – FAMIGLIA siano i principi della tua esistenza.
  2. Se dai la tua parola, sia essa come Vangelo. Non accettare compromessi e non sarai compromesso.
  3. Difendi la Patria contro qualsiasi invasore. I suoi confini sono intangibili e per essi lotta fino all’estremo sacrificio.
  4. In pace o in guerra sii leale, onesto e laborioso per sentirti fiero di essere italiano.
  5. Rispetta te stesso – Rispetta gli altri – Sarai rispettato.
  6. Non mancare di parola e non tradire. Non assalire alle spalle: morte e nemico si guardano in faccia.
  7. La disciplina ti sia di guida: saper ubbidire è saper comandare.
  8. La tua parola vola, il tuo esempio trascina.
  9. Il tuo pensiero, la tua azione, la tua volontà siano coerenti alla difesa della dignità e dell’onore della Patria.
  10. L’appartenenza alla DECIMA sia con fierezza il tuo orgoglio.

 

Decalogo della Xa Flottiglia M.A.S. nella Regia Marina

1) Stai zitto

È indispensabile mantenere il segreto anche nei minimi particolari e con chiunque, anche con gli amici e parenti cari. Ogni indiscrezione è un tradimento perché compromette la nostra opera e può costare la vita a molti dei nostri compagni.

2) Sii serio e modesto

Hai promesso di comportarti da Ardito. Ti abbiamo creduto. Basta così. E’ inutile far mostra della tua decisione con parenti, amici, superiori e compagni. Non si fa, di una promessa così bella, lo sgabello per la tua vanità personale. Solo i fatti parleranno.

3) Non sollecitare ricompense

La più bella ricompensa è la coscienza di aver portato a termine la missione che ci è affidata. Le medaglie, gli elogi, gli onori rendono fieri chi li riceve per lo spontaneo riconoscimento di chi giudica, non chi li sollecita o li mendica.

4) Sii disciplinato

Prima del coraggio e dell’abilità ti è richiesta la disciplina più profondamente sentita: dello spirito e del corpo. Se non saluti, se non sei educato, se non obbedisci nelle piccole cose di ogni giorno, se il servizio di caserma ti pesa e ti sembra indegno di te, se non sai adattarti a mangiare male e dormire peggio: non fai per noi.

5) Non aver fretta di operare, non raccontare a tutti che non vedi l’ora di partire

Potrai operare solo quando il tuo cuore, il tuo cervello e il tuo corpo saranno pronti. Se sei impaziente, non sei pronto. Devi imparare a conoscere perfettamente la tua arma e ad impiegarla in ogni contingenza in maniera perfetta. L’addestramento non è mai eccessivo. Devi appassionarti ad esso. Devi migliorarti ogni giorno. Solo chi ti comanda è giudice insindacabile delle tue possibilità.

6) Devi avere il coraggio dei forti, non quello dei disperati

Ti sarà richiesto uno sforzo enorme, solo al di là del quale sta il successo. Per compierlo, hai bisogno di tutte le tue energie fisiche e morali. La tua determinazione di riuscire ad ogni costo deve perciò nascere dal profondo del tuo cuore, espressione purissima del tuo amore per la Patria, e non deve essere il gesto di un disperato di un mancato o di un disilluso. La tua vita militare e privata deve essere perciò onesta, semplice e serena.

7) La tua vita è preziosa. Ma l’obbiettivo è di più prezioso

Devi ricordartelo nel momento dell’azione. Ripetilo a te stesso cento volte al giorno e giura che non fallirai la prova.

8) Non dare informazioni al nemico

Non devi far catturare le armi ed il materiale a te affidato. Se dopo aver operato cadi prigioniero, ricordati che al nemico devi comunicare solo le tue generalità e il tuo grado.

9) Se prigioniero, sii sempre fiero di essere italiano, sii dignitoso

Non ostentare la tua appartenenza ai Mezzi d’Assalto. Cerca, nelle tue lettere ai familiari, di comunicare come meglio potrai e saprai, tutto quanto conosci dell’azione a cui hai partecipato e sul nemico in genere. Cerca sempre, se possibile, di fuggire.

10) Se cadrai mille altri ti seguiranno; da gregario diventerai un capo, una guida, un esempio.

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