Ennesima notte travagliata, con un sogno ancora più macabro degli ultimi,
“Sono in una scuola [forse] dalla quale escono tre ragazzi, due dei quali credo si lamentino che non è andata bene, il terzo, invece, sbatte la testa contro il muro tre volte, poi a voce alta si lamenta: “le sapevo le cose”.
Non so come ma capisco che chi sbaglia le prove viene ucciso, è una scuola molto selettiva [e ci credo se fa fuori chi sbaglia]; a questo punto mi viene un lampo: “cammino sopra i cadaveri, qui attorno è pieno di cadaveri”.
Questo il sogno.
In mattinata poi un episodio antipatico: un ragazzotto che avrà tra i 12 e i 14 anni arriva in bicicletta davanti a casa dove c’è un cestino portarifiuti in corrispondenza della fermata del bus. Casualmente ero in cortile e stavo guardando la strada Il ragazzo arriva, appoggia a terra un sacchetto di rifiuti, scende dalla bici, si guarda attorno con circospezione, in attesa che passino alcune auto ed uno scooter quindi sta per raccogliere il sacchetto da terra, quando mi vede.
Infastidito mi rivolge il gesto della mano a tulipano, tipico gesto interrogativo che ripete alcune volte, quindi con accento non esattamente della Val di Non (lo riporto per precisione) mi si rivolge con una frase del tipo “che c’è da guardà?”, alla mia risposta che, fino a prova contraria, posso guardare dove mi pare aggiunge qualcosa che non comprendo. Mi limito a fargli notare, citando il Divo Giulio, che a pensar male si fa peccato ma che, in quel caso specifico, il mio non era un pensar male. Il giovane cafoncello incivile, scornato, raccoglie il sacco dei rifiuti, risale in bici e si allontana; scoprirò poco dopo che abita a meno di 20 metri da casa mia.
Piccole “furbizie” quotidiane che mi ricordano, semmai ne avessi bisogno, quanto siano fragili le conquiste della cosiddetta civiltà, mai acquisite definitivamente.
L’inciviltà regna sovrana, proprio nei piccoli gesti di quotidiana convivenza.