i catari, l’equilibrio di genere e il buco nero

Uno spot istituzionale sull’equilibrio di genere, visto in TV (e c’è pure da pagare il canone).

La pubblicità ci propina l’idea che c’è addirittura una verità scientifica in favore dell’equilibrio di genere: l’ingresso delle donne nei luoghi di lavoro comporta aumento di produttività e creatività. Non uso, come dovrei, il congiuntivo perchè la cosa è, appunto, scientifica: mettete una donna in un posto di lavoro e incrementerete produttività e  e creatività.

Mi pare un’interpretazione un po’ razzista: perchè solo due generi? chi decide quali sono i generi da includere? Leggendo senza impegno qua e là scopro che la commissione per i diritti umani australiana ne riconosce 23 (gli omosessuali, i bisessuali, i transgender, i trans, i transessuali, gli intersex, gli androgini, gli agender, i crossdresser, i drag king, i drag queen, i genderfluid, i genderqueer, gli intergender, i neutrois, i pansessuali, i pan gender, i third gender, i third sex, le sistergirl e i brotherboy, ah dimenticavo i maschi e le femmine); secondo altri (pare l’OMS ma non ne sono certo, prendo l’informazione con le pinze)  sarebbero 5 (uomo, donna, gay, lesbica, trans).

Non vedo perchè discriminare tutti quelli che non sono uomini e donne, quindi in ogni luogo di lavoro prevederei per legge una spartizione di cariche in base ai gender.

Pensando un po’ egoisticamente, mi trovo ulteriormente discriminato: io che mi sento, da anni, panciutellogender inside, non capisco perchè nessuno mi consideri e mi offra almeno un posto in Senato, uno alla Camera dei Deputati, uno al Governo ed uno alla Consulta (e mi accontento): essendo un genere di assoluta minoranza e rarità e pure in via di estinzione avrò pure qualche diritto no?

Mi viene in mente un articolo letto l’altro ieri sull’edizione online di ABC; si tratta di una performance di una sedicente artista lussemburghese, tal Deborah de Robertis, che al Musée d’Orsay ha avuto la brillante idea di sedersi davanti al famoso quadro di Courbet “L’origine del mondo” e… leggete l’articolo: “Con un vestido corto de lentejuelas doradas y sin ropa interior, De Robertis se sentó ante la famosa obra, abrió las piernas y, con ayuda de sus manos, mostró su sexo a los visitantes durante varios minutos. … «Mi obra -bautizada “Espejo del origen”- no refleja el sexo, sino el ojo del sexo, el agujero negro. Mantuve mi sexo abierto con las dos manos para revelarlo, para mostrar lo que no se ve en el cuadro original», apuntó la artista al diario «Le Monde».

No es la primera vez, según dice, que recrea ese cuadro en el museo parisino, donde hace un mes también desnudó parte de su cuerpo para que un fotógrafo que la acompañaba le hiciera una foto.

«Actúo con mucha naturalidad, lo que hace que incluso cuando hay vigilantes a veces no digan nada. Lo ven como algo que no es chocante. Intento siempre transmitir algo muy puro», concluye la artista, que acompaña el vídeo de su último espectáculo con la música del Ave María de Schubert de fondo.”

In questo caso non si tratta di genere ma di sesso, con un’aggiunta “interessante”: la sedicente artista dichiara di avere fatto tutto con estrema “purezza”, con tanto di accompagnamento di purissima musica, come l’Ave Maria.

Parla di buco nero da mostrare, non di sesso esibito; la purezza del buco nero dove non penetra nè esce energia, qualcosa di sconosciuto di cui, al momento, non si sa cosa farsene.

La purezza uccide, innanzitutto il rapporto con l’altro ed il pensiero che dall’altro si può ricevere, cioè essere fecondati (a prescindere dal sesso, eventualmente approfittando anche di quello, se capita).

Il rapporto sessuale è impuro come ben avevano capito i manichei ed i catari loro “successori medioevali” che, non a caso, derivavano il nome, secondo Ecberto di Schönau, da “catharos, id est puros” cioè i puri. Questi chiamavano “perfetti” i loro maestri e, tra le altre curiosità, rifiutavano (i perfetti soltanto) non solo i rapporti sessuali ma anche tutto ciò che di coito fosse frutto, fino a lasciarsi morire d’inedia.

Horror coiti (con pubblico che applaude)

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