Giornata impegnativa oggi per la coincidenza di due importanti compleanni: primo posto d’onore al mio carissimo Don Piero che, come pochi altri, ha inciso nella mia vita negli ultimi 10 anni lasciandovi impensabili ricchezze, la mia gratitudine anche oggi che, da Modena, non posso essergli accanto a festeggiare come vorrei.
Compleanno anche del buon Paolo, mio famoso tutor, che festeggerà in ferie: spero trascorrerà una giornata serena lontana dallo stress dell’ufficio.
Nel pomeriggio resisto alle sirene diabetiche di una colomba offertami da due gentili colleghi e mi prendo i rimbrotti di un altro paio (coppia mista stavolta) che mi riconoscono un “io smisurato” e di essere uno “carico”: incuriosito cerco di approfondire e vengo così a scoprire che mi percepiscono come persona sicura di sè e decisa nelle proprie cose: mi fanno notare che sono protagonista di scelte estetiche “avanzate” citandomi le mie bellissime sciarpe (manco a Rimini avevano fatto tanto scalpore).
Sono divertito da queste definizioni e mi torna in mente la famosa battuta di Lacan che spesse volte ho sentito citare: « Vous êtes …?»,«Je ne suis pas»; non è a causa del mio io ipertrofico che non andrò a nuotare ai campionati italiani di Reggio Emilia, molto più semplicemente non mi interessa appartenere ad un gruppo definito dalla passione per il nuoto, passione che non ho anche se, saltuariamente, magari, mi viene voglia di nuotare: al momento prediligo il nordic walking al quale ho invitato vari colleghi ottenendone, come al solito, sberleffi.
Temo i “gruppi” avendo sperimentato quanti danni provocano, così come le fazioni o i partiti: mi scopro contento di non appartenere a nessuna fazione o cordata e di non nutrire desideri di accumulare potere a scapito di altri.
Ho molto da correggere e forse la vita – anzi senza forse – non sarà sufficiente: spero di avere un posto in purgatorio, in modo da poter continuare a correggere ed emendare i cascami di una sempre ricorrente tentazione: la guarigione non è uno status da acquisire, il titolo di coda di un bel film; il passaggio dal fare il bene al lavorare per riceverlo è sempre esposto a possibili ricadute, proprio come la legge che è violabile in qualsiasi istante; l’istinto, al contrario, se mai ne avessimo, sarebbe indefettibile; per questo non amo che mi si descriva come “sei fatto così” anche nel caso dei presunti complimenti relativi al mio io (erano compimenti quelli dei colleghi, così mi hanno assicurato e visto che ho buoni rapporti con loro non ho motivo di non credergli).
Ho scoperto di avere una collega che mi ha tolto il saluto: non ne conosco e non ne vedo alcun motivo ma la gravità della sanzione mi fa pensare che devo averla combinata davvero grossa; a differenza del passato – quando mi sarei lasciato coinvolgere in infinite questioni di lamentele e recriminazioni – mi scopro oggi molto libero e sereno, anche questo è un bel passo avanti: De minimis non curat praetor.
Ho concluso la giornata chiacchierando con Don Piero mentre tornavo a casa dal lavoro trainando con una mano la mia fiammante bicicletta che ha avuto il pessimo gusto di tradirmi, lasciandomi a piedi: la gomma posteriore ha pensato bene di sgonfiarsi e di aiutare la mia attività cardivascolare con una sana e dimagrante passeggiata.
Un imprevisto che mi ha permesso una bella chiacchierata con Don Piero.
Domani altri due compleanni importanti: Umberto e Fabio, altri protagonisti indimenticabili.
Non potrò festeggiare a Rimini ma la distanza non ha alcun rilievo con persone di questo calibro: tantissimi auguri anche se, devo confessare, mi viene in mente che, passando gli anni, si tende a percepire il compleanno come un momento di quasi tristezza pensando al tempo trascorso, non è questo il pensiero che mi piace: i bilanci non si fanno per prendere nota delle perdite se non nella misura in cui si pensi e provveda ad opportuni investimenti, il rischio è la malinconica contemplazione della crisi cui siamo sempre più avvezzi.
Ricordo con piacere una citazione correzione del mio carissimo Gabriele: il passaggio dall’evangelico “ogni giorno ha la sua pena” – regime della nevrosi – al “ogni giorno ha il suo successo” – ovvero guarigione, successo di pensiero prima di tutto, il resto sequitur anche se Freud ricordava che la guarigione non fa altro che consegnare la persona al rischio dell’infelicità comune.