Iniziai la tradizione hace tres años, cuando estuvo con mi querida Silvia, en Sevilla: non sono impazzito, abbozzo un tentativo di scrivere in spagnolo per spiegare che sono tre anni che ho iniziato a festeggiare il compleanno all’estero e precisamente in Spagna: iniziai con Silvia a Siviglia, l’anno scorso a Saragozza e Teruel e quest’anno Madrid e Toledo.
Avendo fatto tardi la sera prima, mi alzo a fatica ma mi avvio di buon mattino verso Atocha, compro il biglietto del treno ad alta velocità – media distanza- che in mezzoretta mi porterà a Toledo e stupisco nel godere di tutto l’ordine che regna nella stazione. Gli accessi sono sorvegliati da personale della sicurezza coi metal detector, i biglietti vengono venduti fino a 10 minuti dalla partenza e sono ammessi a salire viaggiatori fino a 2 minuti: tutto è pulito, ordinato, tranquillo, non c’è calca, todo me gusta mucho.
Giungo a Toledo sotto un sole cocente, la fresca brezza del giorno prima è andata farsi benedire: la stazione è decisamente eccentrica rispetto al centro città, la mia testardaggine è altrettanto eccentrica al buon senso per cui rifuggo dai bus e taxi e mi avvio a piedi, convinto, chissà perchè, che in fondo la città non è in collina, nonostante i miei piedi mi ricordino il contrario.
Arrivo finalmente alla piazza centrale dove spero di trovare l’ufficio turistico che apre, come la Cattedrale, alle 10 (ingresso 10 euro con audioguida o salita alla torre oppure 7 per la visita semplice).
La Cattedrale è realmente bellissima, il coro mi incanta, ma tutto l’insieme di ori, stucchi e lavorazioni esagerate mi colma gli occhi; credo di averci messo due ore almeno per visitarla.
Il resto è, per quanto bello, tutto in tono minore ad eccezione delle opere di El Greco, una in particolare, “El entierro del Señor de Orgaz” colpisce la mia attenzione, ma sul pittore vorrei tornare a parte.
Mi visito la Iglesia de Santo Tomè (in estate 10/19, in inverno 10/18 ingresso 2.50 €) dove trovo, appunto El entierro; la Mezquita del Cristo de la Luz (sempre a 2.50€ con orari articolati secondo giorni e stagioni) che, dopo avere visto analoghe costruzioni a Palermo, mi lascia assai indifferente, il Monasterio de San Juan de los Reyes, anche questo bellissimo (sempre 2.50 10/17.30 in inverno e 10/18.30 in estate), il convento di San Domingo el Antiguo (2 € orari diversificati), la Iglesia de San Ildefonso (detta Iglesia de los Jesuitas), (soliti 2.50 €10/17.45 inverno, 10/18.45 estate), il Museo Sefardì ovvero la Sinagoga del Transito ( M-S 9.30/18.30; estate: 9.30/20, domenica e festivi 10/15, biglietto a 3 €, a 5 se congiunta col museo di El Greco), il Museo El Greco (stessi orari e prezzi della sinagoga).
Fatico a muovermi, a Toledo, è la prima volta che mi capita, mi perdo spesso (cioè più spesso del solito) e mi aggiro sperduto nelle stradine spesso sotto un sole cocente; tuttavia non cedo, com’è mia abitudine e cerco di visitare tutto quel che posso.
Sul campanile della chiesa di San Ildefonso, o dei gesuiti, vengo avvicinato da una bellissima ragazza forse inglese, che mi chiede di scattarle una foto: verrà malissimo e riesco a farle capire il problema: insieme troviamo la soluzione; è una ragazza disponibile a fare 4 chiacchiere, purtroppo il mio inglese non è all’altezza e faccio la figura del vecchio e impacciato barbogio; un’occasione perduta.
Mi rifaccio, invece, una volta tornato in stazione: avendo aperto il portafogli mi cade, senza che me ne accorga, una moneta: una giovane madre, lì accanto, evidentemente folgorata dal mio fascino, si getta a terra per recuperarmi il perduto; mal gliene incoglie, rialzandosi non si accorge di essere finita sotto il bancone contro il quale sbatte con grande forza.
Mi restituisce la moneta tenendosi la testa dolorante: sarà necessario assisterla con ghiaccio, mentre copiosi lacrimoni le rigano le guance, sotto gli occhi del marito che mi dice di non preoccuparmi.
La ragazza, coccolata anche dalla barista, rifiuta qualunque assistenza: a me non resta che offrire al marito (l’unico che aveva ordinato qualcosa) la birra che aveva richiesto, gesto di gentilezza che lo lascia stupito.
Me ne torno sereno e stanco, disturbato dal rumore insopportabile di una comitiva di cafoni americani che in treno si scatenano.
Ho ancora un obiettivo: visitare le costruzioni moderne, del quartiere limitrofo alla fermata metro “Nuevos Ministerios”; scoprirò che, contrariamente a quanto credevo, i palazzi si trovano in Plaza de Castilla che è a circa 3 km di distanza; 3 km sarebbero nulla se non fossero ormai le 20.30 e non fossi in giro a scarpinare dal mattino … tuttavia sono lì e abbandono?
Parto di buona lena e mi percorro il lunghissimo viale che mi porta alla Piazza dov’è il monumento a Josè Calvo Sotelo, la Puerta de Europa confidenzialmente chiamata le Torri Kio e l’Obelisco de la Caja, opera di Calatrava.
Nel complesso ne ho una bella impressione, mi piace anche se la fatica ormai si fa sentire.
Nei pressi scopro una sorta di sagra con specialità fritte di vario genere; considerando che sono due giorni che mi nutro di patatine e ciliegi e che è il mio compleanno, decido di concedermi un lauto pasto: mi dirigo con qualche indugio verso un chiosco che propone fritti andalusi e chiedo una porzione di bacalao frito, ben pubblicizzato con tanto di foto; serve dire che non l’avevano? Mi propone un qualcosa che non comprendo ed in alternativa las puntillas, che decido di prendere.
Me ne fa assaggiare anche un paio ma ero già deciso: puntillas fritas y una cerveza, 10,50 €, costo accettabile per un buon piatto di quelle che scopro essere seppioline.
Me le gusto con vero entusiasmo, sono davvero ottime e non sento odore di fritto né il mio stomaco ha minimamente reclamato durante la notte; la cerveza scende in gola con la velocità della luce (me ne berrei almeno 3 litri per saziarmi la sete), ma senza far danni al mio cervello (non mi ha ubriacato insomma).
Il buio sta scendendo, d’altronde sono ormai le 22.00 (mentre scrivo mi tornano in mente i fumetti di Nick Carter, chissà perché), è ora di tornare all’albergo e prepararmi per il ritorno di domattina.
Sono stanco ma contento.