2 giugno in giro

Festa della Repubblica; in affanno causa impegno alternativo a Sorbolo, poi cerimonia solenne (con tanto di fascia azzurra) a Colorno: corteo, deposizione della corona, onori ai caduti e rientro in municipio.

Ho svolto degnamente il consueto ufficio di gran ciambellano, col sindaco che mi ha prenotato ad oltranza, per le future cerimonie.

In realtà un paio di piccole gaffe le ho fatte (chiedendo ai carabinieri chi fosse il più alto in grado, ma non avevo visto che uno aveva i gradi di maresciallo mentre l’altro era un brigadiere) ed ho sbagliato ad accompagnare il sindaco accanto al gonfalone, ma tant’è, entusiasmo del neofita.

Ricordo sempre con simpatia quando, ben più giovane, svolgevo con estrema (molto estrema) diligenza, il compito di cerimoniere in parrocchia (il duce era uno zuccherino al confronto); a quei tempi avevo l’onore di tiranneggiare due fantastici sacerdoti, il compianto don Lino Bin (persona di grande cultura ed intelligenza) ed il dolce don Enzo Dei Cas, che so aver fatto carriera in quel di Sondrio.

Anche allora prestavo grande attenzione, ascoltato, al cerimoniale di cui ero l’occhiuto implacabile sorvegliante: dal Procedamus in pace all’inizio della processione d’introito al finale Prosit, con profluvio di incenso ogni volta che il rito lo concedeva.

Successe una volta, era la veglia di Pasqua, se non ricordo male, che svolgevo il compito di turiferario; all’ingresso, contrariamente alla consuetudine, mi chiesero di fare una genuflessione; rialzandomi, pestai col piede sinistro la tunica e … caddi rovinosamente, beh non proprio perché riuscii a salvare turibolo ed onore, riuscendo ad appoggiare una mano ed ad evitare un più scenografico capitombolo.

Mi sfuggì dalle labbra, udito solo dal celebrante e dal mio compagno di servizio, un liturgicamente eterodosso “porco Giuda” che comunque trova fondamento scritturale nel biasimevole comportamento del medesimo Giuda Iscariota, non proprio fulgido esempio di preclare virtù.

Torno dunque all’oggi rasserenato dall’inezia delle gaffe e nutrendo nel cuore la speranza che questa sia stata l’ultima celebrazione del 2 giugno della mia vita, che si conclude con l’amabile convivialità del gruppo degli alpini, guidati da un cortesissimo capitano Modolo, un vero signore col quale è stato un piacere scambiare qualche opinione. Dopo l’ospitalità alpina di Colorno, sono andato a Sorbolo dove ho acquistato al prezzo di 6 € ben 15 pezzi di torta fritta che ho condiviso a casa con mia madre: ancora una volta gli alpini protagonisti nel friggerla a regola d’arte, bravi come si conviene a cotanto Corpo d’Armata.

Nel pomeriggio cerco di rilassarmi e cosa c’è di meglio di una bella mostra? memore di quella dedicata ad Escher, mi lascio attrarre dalle lusinghe reggiane e mi trasferisco in quel di Reggio Emilia, a Palazzo Magnani, per un’esposizione che vede protagonista Piero della Francesca.

Titolo che avrebbe dovuto mettermi sul chi va là, Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza, ma il desiderio di relax l’ha avuta vinta sulla prudenza.

Prima di giungere a palazzo Magnani me ne vado in giro per il centro di Reggio Emilia, grazie al mio ben noto senso dell’orientamento, e scopro che è davvero bello; molto curati e belli i palazzi, pulite le strade, senza un macchina in giro, proprio bello. Visito anche il duomo, che custodisce alcune opere davvero pregevoli e che merita la visita.

Arrivo all’ingresso e trovo 4 comari 4, galline starnazzanti di una certa età che riescono a creare la coda anche dove era impossibile che ci fosse. Smaltite con pazienza e competenza le cocorite, un signore mi precede e si dimostra non meno coriaceo alle informazioni della giovane addetta, con quasi svenimento della coppia che mi segue.

Mi addentro, infine, nei locali provando una certa delusione, a parte i libri esposti, alcuni con disegni di teste umane bellissimi, un paio di dipinti, il resto sono oggetti geometrici simpatici ma niente di che; la scienza assieme all’arte si rivela una delusione, almeno per i miei gusti.

Uscendo ero tentato dal catalogo, ma 35 € mi sono parsi decisamente troppi (e addirittura 40 € per la copia autografata di Piergiorgio Odifreddi: la cultura non avrà prezzo ma, evidentemente, le firme delle “star” sì.

Tornato a casa convinco mia madre a raccogliere le nostre prime 8, dico 8 ciliegie che l’alberello ci ha benignamente offerto: sono brusche e piccole ma sono ciliegie e provengono dal mio orto e la soddisfazione è enorme.

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